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Renzi fuoriclasse, mentre la segreteria del Pd non tanto…

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Matteo Renzi è un fuoriclasse ma la segreteria del Partito democratico non è all’altezza del suo segretario. Non è in grado di premiare la meritocrazia e la militanza.

La maggior parte dei componenti della segreteria del Partito democratico sono comparse sbiadite e, qualche volta, anche caricaturali. Lorenzo Guerini è solo nel cercare di mantenere l’unità del partito e assicurare un Pd forte, in grado di supportare la leadership più forte espressa oggi dal centro sinistra in tutta Europa. E allora? Ci vuole più collegialità, coinvolgimento di figure nuove, politicamente più solide, e capacità di fare squadra. In questo senso è da salutare con favore l’elezione di Ettore Rosato a nostro capogruppo a Montecitorio.

Se la musica non cambia Renzi avrà difficoltà sempre maggiori nella sua opera di costruzione del partito sia a Roma che sui territori.

Le difficoltà si sono già viste nella costruzione delle liste elettorali, a tutti i livelli. Siamo passati da una storica, scivolosa, ‘diversità morale’ della sinistra, a una serie di casi di impresentabili, alcuni dei quali evitati grazie all’intervento puntuale di alcuni di noi in fase di costruzione delle liste.

I risultati elettorali ci dicono che per il Pd non è tutto rose e fiori. Bene, è quanto sostenevamo in tempi non sospetti, quando i cori dei tifosi erano assordanti, e la piaggeria si sprecava. Ebbene, con la stessa onestà intellettuale non si può adesso dare una rappresentazione artefatta del risultato elettorale.

E soprattutto la risposta del nostro partito non può essere ‘torniamo indietro’ perché ciò significherebbe inevitabilmente restare in mezzo al guado.

Renzi ha ragione quando dice qualcosa che abbiamo sempre sostenuto con Beppe Fioroni e tanti altri amici: l’Italia è un Paese moderato, le elezioni si vincono al centro. Qual è, d’altro canto, l’esperienza britannica, faro di modernità della sinistra europea? La strada d’innovazione intrapresa da Blair era vincente, con Gordon Brown e Miliband sono arrivate le sconfitte e oggi nel Regno Unito Tony Blair è ancora una volta l’uomo politico capace di indicare al Labour Party la strada di un’alternativa possibile ai conservatori di David Cameron.

Negli anni, il Partito democratico ha perso tempo con l’economia del gambero: un passo avanti e due indietro. Non avrebbe senso proseguire inseguendo posizioni oltranziste, ideologicamente arretrate. Ciò, tuttavia, non significa rinunciare alla regola principe del consenso: la politica, ove possibile, deve unire, non dividere.

Ma noi non dobbiamo avere l’obiettivo di soddisfare Maurizio Landini, bensì gli elettori italiani. Possibilmente, come accaduto alle europee, andando oltre i confini tradizionali della sinistra.

Simone Valiante

* portavoce di AmiciDem, area popolare e della sinistra riformatrice del PD

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