La storia ha dell’assurdo. Anche se, in realtà, è solo l’ennesimo di una serie interminabile di casi italiani che vedono la scienza e gli scienziati additati come portatori di male e di interessi economici senza scrupoli. Una cultura del sospetto sempre più pervasiva.
Da un anno gli agronomi di vari istituti di Bari sono oggetto di pesanti critiche da gruppi di attivisti locali che li accusano di aver introdotto e diffuso in Puglia il batterio Xylella fastidiosa responsabile di una malattia degli ulivi. Critiche che sono recentemente sfociate in un’indagine di polizia. I ricercatori sono stati interrogati e i loro computer sequestrati. Tra loro anche Donato Boscia, capo dell’unità di Bari dell’Istituto del CNR per la Protezione Sostenibile delle Piante (IPSP).
Ne parla un editoriale a firma di Alison Abbott sull’ultimo numero da Nature.
La Xylella è endemica in alcune regioni delle Americhe, ma è comparsa per la prima volta in Europa poco meno di due anni fa. Gli scienziati dell’IPSP e dell’Università di Bari hanno identificato il batterio come la causa di un focolaio di malattie inusuali di ulivi. Hanno anche dimostrato che il batterio è stato trasportato da un insetto.
A seguito dei loro studi l’Unione Europea ha promulgato delle misure per cercare di limitare la diffusione della malattia. Misure che prevedono lo sradicamento delle piante infette e l’uso di pesticidi negli oliveti.
Ma gli agricoltori e gli ambientalisti Italiani si sono subito opposti alle misure di contenimento. Ed una denuncia anonima ha accusato gli scienziati di aver importato il batterio dalla California per un corso di formazione sulla Xylella ch si è tenuto nel 2010 presso l’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari.
A nulla è valsa la risposta degli scienziati secondo i quali il ceppo importato è diverso da quello che infetta gli oliveti e che probabilmente è stato introdotto in Italia con delle piante ornamentali da Costa Rica. Non è la prima volta che si verificano casi simili. Basta pensare alla famosa “Formica Argentina” protagonista di un racconto di Calvino e importata negli anni 20 in Italia con le palme che adornano Sanremo.
Secondo l’articolo di Nature i pubblici ministeri non si sarebbero fermati all’accusa di aver importato in batterio. I PM avrebbero infatti iniziato a vagliare la possibilità cha g i ricercatori abbiano giocato un ruolo attivo nella diffusione dell’epidemia. I PM si sarebbero rifiutati di commentare questa notizia per Nature. Tuttavia una di loro avrebbe rilasciato un’intervista a Famiglia Cristiana (http://www.famigliacristiana.it/articolo/xylella-il-pm-mignone-non-posso-indagare-sul-convegno-di-bari-perche-ce-limmunita.aspx) sostenendo che il reato ipotizzato è “diffusione colposa di malattia della pianta”.
Secondo il PM «Continuano ad arrivare esposti i quali non sono destituiti di fondamento», dice subito, «la situazione è complessa, le zone d’ombra da diradare numerose e il tempo a disposizione è poco. Allarma comunque la fretta con cui si vuole intervenire in maniera così invasiva e distruttiva su un territorio che negli ultimi anni è stato svenduto, dalla cementificazione selvaggia al business del fotovoltaico fino a quello delle biomasse». E alla domanda “A che punto è l’inchiesta?” il PM ha risposto :«Procede spedita, pur tra mille difficoltà, in considerazione della peculiarità della materia trattata, delle competenze specifiche richieste e degli enormi interessi in gioco; con la speranza di poter avere delle certezze in un prossimo futuro».
Inoltre, come sempre in questi casi fioriscono i blog che inventano le teorie più disparate. Anna Maria D’Onghia, capo della divisione di gestione dei parassiti a IAMB, che è stata interrogata dalla polizia afferma “Siamo sempre stati attaccati per aver fatto troppo poco, o le cose sbagliate.”
Gli scienziati hanno la solidarietà dei loro colleghi americani e dell’Associazione Italiana delle Società Scientifiche in Agricoltura (AISSA), che rappresenta 4.000 scienziati in Italia, e cha ha pubblicato una lettera pubblica difesa dei ricercatori pugliesi e il loro lavoro.
Fino a qui il diavolo. Ma si sa il diavolo non è capace di fare i coperchi. Così Il 27 maggio, il governo regionale ha annunciato un finanziamento di € 2 milioni per progetti che potrebbero aiutare la diagnosi, epidemiologia e monitoraggio del batterio. E’ stata anche definita un ‘area di contenimento’ nella provincia di Lecce – in cui il batterio è ormai endemico – e che verrà utilizzata come un laboratorio per gli studi Xylella in campo aperto. Le agenzie nazionali ed europee che finanziano la ricerca hanno promesso altri finanziamenti che permetteranno tra l’altro di verificare quanto siano fondate le critiche agli scienziati. Insomma una possibilità di continuare a fare ricerca per il bene del Paese nonostante tutto.