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Così il Tesoro pensa di spingere le assicurazioni a investire nelle infrastrutture

Il risparmio dei cittadini italiani costituisce un volume di risorse enorme rispetto ai più avanzati paesi europei. Ma la parte gestita da fondi è il 22 per cento del Prodotto interno lordo, a fronte del doppio della media Ue. Ne risulta una crisi di liquidità per il tessuto imprenditoriale, che fatica a compiere il salto di qualità verso una dimensione adeguata alla competizione internazionale.

Cosa comporta la riduzione dell’acquisto di Btp?

È tale ritardo che ha spinto Massimo Figna, Riccardo Sabbatini e Alberto Cordara a scrivere il libro “La fine del Btp è la rinascita dell’Italia”, edito da Guerini e Associati e presentato presso la sede dell’Associazione bancaria italiana.

Il calo della spesa per i Buoni pluriennali del tesoro registrato negli ultimi anni – spiega il giornalista e editorialista del Sole 24 Ore Dino Pesole – rappresenta un fattore positivo per i conti pubblici, visto che il peso degli interessi sul debito ammonta ogni anno al 4,2 per cento.

Ma apre un interrogativo tuttora privo di risposte: “Stiamo procedendo verso un rinnovamento dell’assetto banco-centrico del capitalismo italiano, a favore di forme più moderne di investimento finanziario e di ricerca di capitali?”.

Il quadro economico internazionale

Un fenomeno – rileva la firma del quotidiano economico – che va a intrecciarsi con gli effetti delle regole poste dall’Unione bancaria, con l’iniezione di liquidità promossa dalla Bce, con la riduzione del valore dell’euro, con il crollo del prezzo del petrolio.

“Un salto di qualità culturale”

Requisito fondamentale per far ripartire l’economia, evidenzia il presidente del Fondo Italiano di Investimento, l’economista Innocenzo Cipolletta, è un cambiamento della mentalità di imprenditori e banchieri: “I primi devono superare il ricorso privilegiato ai prestiti erogati dagli istituti creditizi, i secondi devono selezionare meglio i loro beneficiari”.

Altro passo a suo avviso essenziale è puntare sui fondi di investimento innovativi, in grado di trasferire il rischio sui risparmiatori rispetto ai rendimenti sicuri di Bot e Ctt.

Le riserve sull’Unione bancaria

Tuttavia, rimarca il direttore generale dell’Associazione nazionale imprese assicurative (Ania), Dario Focarelli, il percorso innovativo non sarà breve.

Per favorirne la realizzazione e avvicinarci a un mondo che tende a privilegiare il private equity rispetto ai circuiti borsistici tradizionali, egli ritiene necessario un passo preliminare: “Compiere un’accurata verifica della tesi per cui l’Unione bancaria europea può arginare i rischi legati allo spread, risanare gli istituti di credito, creare le premesse per un bilancio comunitario”.

“È necessaria un’unione europea del mercato di capitali”

Una valutazione positiva dell’Unione bancaria è espressa dal responsabile Analisi economiche dell’Abi Vincenzo Chiorazzo: “L’Ue muove verso un utilizzo più coraggioso e rischioso dei risparmi. Ma ragionare su un’unione europea del mercato di capitali richiede capacità innovativa da parte di un tessuto produttivo frammentato come quello italiano. Caratteristica che ha spinto le nostre imprese a fare affidamento prevalente sulle banche”.

Le strategie del governo

Per lo sviluppo profondo e penetrante del mercato dei capitali in Italia, ricorda il capo della segreteria tecnica del Tesoro Fabrizio Pagani, è bene che esista una molteplicità di strumenti per il credito a favore delle aziende.

Per questa ragione – precisa il dirigente del Mef – accanto al percorso di rafforzamento dell’assetto bancario promosso dalla Bce, il governo ha portato avanti una politica di liberalizzazioni nell’erogazione di risorse produttive: “Agevolando il coinvolgimento delle assicurazioni nei fondi di investimento, favorendo l’emissione dei mini-bond che tuttavia restano limitati al Nord Italia, incentivando la quotazione delle imprese in Borsa”.

L’intenzione dell’esecutivo è estendere tali iniziative a comparti strategici come le reti infrastrutturali e l’immobiliare. Ma per farlo – conclude Pagani – le aziende devono avere bilanci certificati, un management adeguato, e l’attitudine a venire scrutinate ogni giorno dagli investitori.

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