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Bcc, il Nord Est mette in subbuglio i piani di Federcasse

E pensare che, meno di dieci giorni fa, il presidente di Federcasse, Alessandro Azzi, lanciava un allarme contro i rischi di una “balcanizzazione” del credito cooperativo. Mai parole furono più profetiche visto che, proprio l’altro ieri, le Casse Rurali e le Bcc che fanno capo alla Cassa Centrale del Nord Est hanno annunciato, come reso noto dalla testata locale Trentino Corriere Alpi, la costituzione di una holding in grado di aggregare buona parte delle banche cooperative del Veneto e del Friuli, in barba a chi, Federcasse in primis, predica invece da mesi la via dell’unico soggetto dentro cui far confluire i quasi 380 istituti del sistema cooperativo italiano. Quando il presagio, insomma, si trasforma in realtà. Stiamo parlando della riforma delle Bcc, che il governo intende incastonare in una cornice normativa fissata per decreto entro settembre.

ATTACCO A FEDERCASSE? NO, MA…

Parlare di attacco ai vertici di Federcasse è prematuro, secondo alcuni addetti ai lavori, così come lo è parlare di “dichiarazione di guerra” al sistema cooperativo vigente. Certo è che la mossa del Nord Est rischia di sparigliare le carte a un mese o poco più dall’arrivo del sospirato decreto governativo. Chiamiamolo messaggio del Nord Est all’intero sistema cooperativo. Della serie, fatela pure la riforma ma noi del Nord Est, tanto per stare sicuri ed evitare accentramenti che minino la nostra indipendenza e autonomia, ci facciamo la nostra holding che, dalle indiscrezioni filtrate in questi giorni, avrebbe i connotati di un soggetto aggregatore con un patrimonio fino a un miliardo di euro. Lo stesso capitale indicato in un’altra proposta, quella di Federcasse che mira però, a differenza degli “indipendentisti” veneti, a creare un unico soggetto, verosimilmente l’attuale Iccrea, per aggregare sotto un unico cappello almeno il 35% degli istituti. Siamo su due piani differenti, è fin troppo evidente.

A ROMA E DINTORNI PER ORA NICCHIANO

La notizia, almeno fino a oggi, sembra aver colto un po’ di sorpresa gli esponenti delle banche cooperative del resto d’Italia. Tra questi, Francesco Liberati, attuale numero uno della Bcc di Roma, a capo di Federlus, che riunisce una trentina di Bcc sparse tra Lazio, Umbria e Sardegna, nonché principale promotore della soluzione alterna, cioè la creazione di molteplici capogruppo aggregatrici, magari da suddividere su base regionale. Liberati, interpellato a margine di un convegno sui finanziamenti alle piccole e medie imprese, presso la Regione Lazio, ha ammesso come “le riserve sull’autoriforma non sono state ancora sciolte. Ci aspettiamo un decreto del Governo entro il mese di settembre”, preferendo non commentare nel merito la mossa delle Bcc venete. Proprio pochi giorni fa Liberati aveva comunque dichiarato come “l’integrazione in gruppi su base regionale o interregionale potrebbe essere una soluzione adeguata a mitigare tra centro strategico, Bcc e territorio”. Frasi dalle quali si evince un sostanziale allineamento alle posizioni del Nord Est.

GUERRA O PACE?

Difficile immaginare l’evolversi della situazione da qui a settembre. Le banche venete e friulane hanno messo le mani avanti con una dichiarazione di indipendenza del loro territorio rispetto a qualsivoglia holding, mettendo alle strette i vertici Federcasse, che ora hanno due possibilità: trattare per un accordo che preveda la costituzione di più soggetti aggregatori oppure andare allo scontro. Davvero un bel dilemma d’estate.



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