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Chi teme davvero l’accordo Usa-Iran

L’accordo sul nucleare iraniano è stato definito un avvenimento storico. Avrà un notevole impatto sui conflitti in corso nel Medio Oriente. Non ne promuove la stabilità. Non può essere alla base di un nuovo ordine politico. Non contribuirà a superare il contrasto fra gli sciiti e i sunniti. Esso è geopolitico. Vede contrapposti l’Arabia Saudita e l’Iran. Coinvolge anche la Turchia, l’Egitto e Israele. Nell’intera “mezzaluna fertile”, dal Mediterraneo al Golfo, sono in crisi gli Stati, creati dalla Gran Bretagna e dalla Francia al termine della prima guerra mondiale: l’Iraq, la Siria e il Libano. In Yemen, gli iraniani sostengono gli Huthi, bombardati dall’aviazione saudita. Anche la Giordania potrebbe destabilizzarsi.

Tutti tali Stati sono rimasti tribali. Sono stati tenuti assieme dal dominio di un gruppo di tribù sulle altre. Con l’indebolimento degli Stati, tribù, clan, etnie e sette religiose sono gli attori emersi con tutta la loro forza. Essa deriva dal fatto che gli Stati non sono riusciti a creare nazioni. La stessa situazione esiste nella penisola arabica, dove però le dinastie hanno tenuto, avvalendosi delle ricchezze derivate dal petrolio.

Il successo dell’Isis è dovuto al fatto che l’Islam è rimasto l’unico fattore unificante fra le tribù. Con il Califfato e l’occupazione di un ampio territorio in Iraq e in Siria, cancellando i confini esistenti, è stata data una risposta all’alternativa di scontri continui fra i vari gruppi tribali, etnici e religiosi, come sta avvenendo in Libia, nello Yemen, in Siria e in Libano. Dominanti, nella regione, sono due Stati non arabi, la Turchia e l’Iran, dotati di maggiore coesione e che hanno regolato con i loro imperi gli assetti politici della Mesopotamia nei secoli passati.

Il vero equilibrio di potenza, che potrebbe garantire un certo ordine nell’area, è il ristabilimento dell’influenza di Ankara e di Teheran. E’ però probabile che essa metta in discussione la tenuta delle teocrazie del Golfo, in particolare per la presenza in tutte – che sono a maggioranza sunnita, eccetto il Bahrein – di consistenti minoranze sciite, che guardano all’Iran come loro potenza protettrice. I “giochi” sono aperti, tanto più che la Turchia sembra decisa a intervenire in Siria, creando una fascia cuscinetto a Sud dei suoi confini meridionali, profonda 30 km e ampia 100 km. Con essa intende contenere la possibilità della costituzione di uno Stato curdo, che potrebbe destabilizzarla al suo interno. Anche la Giordania sembra orientata a creare una zona cuscinetto in cui sistemare i profughi siriani.

(prima parte; domani sarà pubblicata la seconda parte dell’analisi del generale Carlo Jean)

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