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Ecco la malinconica foto Agcom dell’editoria italiana

Nel 2014, in Italia, il valore del macrosettore delle comunicazioni è stato di 52,4 miliardi di euro, circa il 6% in meno rispetto all’anno precedente. Questo è uno dei dati che emergono dalla relazione 2015 dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni presentata a Roma il 7 luglio.

Scomponendo questo dato, l’Authority mette in evidenza che la decrescita, dal 2013, è stata del 7,7% per le Tlc, del 3,2% per i media, del 2,3% per i servizi postali.

Andando ancor più nel dettaglio, per quel che riguarda i media, tv e radio perdono l‘1,5 per cento dei ricavi; l’editoria il 10,7 (-5 per i quotidiani e -15,8 per i periodici). I ricavi legati a Internet crescono, invece, del 10 per cento.

La relazione, per quel che riguarda l’editoria, resta nel solco tracciato con l’Indagine conoscitiva su informazione e Internet in Italia. Modelli di business, consumi, professioni presentata il 16 giugno e di cui Formiche.net aveva riferito con ampiezza.

È una fotografia desolata, quella del panorama dell’informazione. “Nell’ultimo quinquennio – scrive nella sua presentazione il presidente dell’Autorità, Angelo Marcello Cardani – si è assistito in Italia ad una progressiva riduzione dei ricavi nel settore: i media “classici” (quotidiani, tv, radio) hanno complessivamente perso quasi 2 miliardi di euro, con una riduzione pari al 16% nel periodo 2010-2014, con punte superiori al 30% nel caso dei quotidiani”. Meglio fa la tv, ma, soprattutto, sul fronte intrattenimento.

Che fare, allora? A partire dal ruolo istituzionale proprio dell’Authority, Cardani indica linee guida regolative: “In questo settore è necessario un radicale ripensamento del disegno istituzionale e regolamentare. In primo luogo occorre adottare un quadro di regole coordinate per i vari media, flessibile, al passo con l’evoluzione del sistema e in grado di continuare a garantire il pluralismo informativo. Il quadro dovrebbe tener conto in particolare delle specificità del web e del primario ruolo di mezzo di informazione che esso va assumendo in virtù dei molti operatori che agiscono come piattaforme di aggregazione, ricerca e condivisione sociale. In questo scenario, occorre rivedere anche il ruolo dell’intervento pubblico a sostegno del sistema nazionale e locale dell’informazione”.

La domanda, però, rimane la stessa. Che peso possa avere qualsiasi intervento legislativo e regolativo nazionale, che può essere sempre tardivo e slegato dalla realtà, di fronte a fenomeni globali per i quali i confini nazionali, semplicemente, non esistono. Perché il confronto reale è con i player globali, i grandi motori di ricerca, i social network, i colossi industriali: Google, Facebook, Apple menano le danze a livello planetario. O si guarda alla big picture, allo scenario globale, o si finisce per accompagnare il declino girando a vuoto.

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