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Tutte le sofferenze geopolitiche dell’Europa

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Il Pensiero vecchio divora e distrugge la realtà insieme al pensiero nuovo, Le mort saisit le vif, come amava ripetere Carlo Marx.
Ma, sul piano geopolitico, la vittoria del “pensiero vecchio” è l’inizio della nostra fine geoeconomica, politica, culturale, imprenditoriale, monetaria.

Bisogna ripartire qui, per “pensare bene” dalla straordinaria esperienza taoista cinese, quella che peraltro ispirò la filosofia e la prassi politica di Mao Zedong: “Il Venerabile Ozioso al Vecchio Ozioso: Il pensiero (o Risonanza del Cuore) è emesso dal cuore. Il cuore non ha né suono né odore, ma quando il Pensiero si mette in movimento si chiama “pensiero”. Il Pensiero non è altro che la mente di questo momento, ciò che chiamiamo comunemente cuore-mentale. Il Pensiero è il suono del cuore, e ciò significa che è stato movimento-del-Pensiero”.

Anche da noi, in Occidente, quando l’aurora della nostra civiltà, riepilogo di classicità armonica al cristianesimo sia visibile che occulto, rifulgeva; accadeva che il pensiero-vero nascesse dall’abolizione quasi-zen di ogni idea preconcetta sulla realtà e il mondo, come nel Cartesio delle “Meditazioni”, dove tutto viene abolito verso l’unica certezza immediata e quasi sensibile del solo “Io Penso”, mentre tutto il resto va nel conto del malin génie dell’illusione sensibile e mentale, la memoria delle vecchie esperienze.
Oppure troviamo ancora pensiero “nuovo” in un erede ben più recente di René Descartes, quel cartesius Rosa+Croce che andò in Pellegrinaggio alla Santa Casa di Loreto.

Un erede più recente di Cartesio, appunto, Edmund Husserl, parlava infatti dell’atto del pensiero, da quel genio della matematica che era, che per funzionare e “prendere immediatamente” tutta la realtà e il suo legame con il soggetto deve fare epoché, “mettere tra parentesi” tutte le percezioni, i pregiudizi, le pellicole fastidiose del vecchio pensiero che riflette (male) una realtà che non è più, essa è infatti sparita inevitabilmente con il gorgoglio della acque di quel fiume dove, platonicamente, non ci si bagna mai due volte nella stessa acqua.

Ma dov’è oggi il pensiero vecchio nella geopolitica e nella strategia attuali? Ovunque. Ma gioverà fare qualche esempio tra i più importanti.La Nato non serve più, per usare la formula di uno dei suoi primissimi Segretari Generali, Lord Ismay, “per tenere gli americani dentro, i tedeschi sotto e i sovietici fuori”.

Oggi l’Alleanza che voleva ancorare gli Usa alla sue origini euroasiatiche, è una inevitabile menu à la carte dove la Turchia, la seconda forza armata della Nato, sceglie una sua politica mediorientale che è in contrasto con tutto il resto del Comitato Esecutivo di Mons; mentre gli Usa, scatenando le primavere arabe, pensavano addirittura ad una “rivolta popolare” (ma chi può averglielo detto?) dal “basso” contro Al qaeda e i suoi splinter groups in tutto il Nordafrica e il Mali-Mauritania.

Pensiero vecchio: attribuire alla masse arabe quel patrimonio di valori e pratiche politiche che è proprio solo di una minoranza, non necessariamente efficace, del mondo occidentale.

Ed è ricominciato il cerchio: l’Egitto è stato ripreso in mano dalla Casa Madre del jihadismo contemporaneo, la Fratellanza Musulmana, finché non arriva la reincarnazione dei vecchi “Ufficiali Liberi” egiziani che, da Italo Balbo fino alla cacciata di re Farouk (e a quella, più ambigua, dei consiglieri sovietici con Anwar El Sadat, nei giorni dopo la guerra dello Yom Kippur, quando aerei con la stella rossa si alzano in volo contro Israele da aeroporti militari egiziani). È Al Sisi, che dice di aver avuto la sua missione in sogno.

La Nato è divisa tra una linea Usa – Paesi dell’Est postsovietico che vuole ricostruire una Federazione Russa come “media potenza regionale”, quando questo era stato solo il breve sogno della fase El’cinjana della sua presidenza, tra maghe baskhire e fiumi di alcool, dal 1992 al 1999.

Il progetto delineato nella tesi putiniana su “Il planning strategico delle aziende di idrocarburi russe” discussa nel 1996 presso il politecnico di San Pietroburgo è quello intorno al quale ruoterà la selezione tra “oligarchi buoni” e Cattivi” sulla quale l’ex-tenente del KGB ricostruirà la economia russa e, simultaneamente, il suo potere.

Bene, ma anche questo è pensiero vecchio, presidente Vladimir Putin, ora il combinato disposto tra abbattimento dei costi delle materie prime gas & oil, l’allontanamento degli Usa, a parte il riciclaggio dei petrodollari, al quale non possono rinunciare e che dura dal patto tra Kissinger e re Fahd, dal Medio Oriente, il quale verrà lasciato in mano dell’islamismo e/o di un asse sunnita equipotente a quello sciita, sta costruendo la guerra (e la formula perfetta) per una guerra secolare che distruggerà la penisola eurasiatica e parte della periferia russa.

Insomma, tutto questo ci deve porre l’occasione di una Forza Eurorussa, con aperture a Israele e ad alcuni Paesi quali l’Egitto e il Marocco, una coalition of the willing, con un necessario apporto cinese, per fare vero e duro peace enforcing e, soprattutto, redistribuire i potenziali strategici nel Greater Middle East.

Quindi separazione credibile tra le parti in lotta, sanzioni dure e ugualmente distribuite per chi sostenga i suoi proxy armati, con Mosca che si riprende la Siria, il Libano che, con un trattato ad hoc viene reso autonomo con un Protettorato Europeo-Nato insieme ad altri Paesi dell’area, l’Iran al quale viene garantita l’espansione attuale se e solo se rinuncia davvero al nucleare militare-civile invano bloccato dal recente Accordo-burletta del P5+1 e una sua sicurezza vera sulla linea d’acqua dello Shatt el Arab, con la riconsiderazione dei vecchi “Accordi di Istanbul”, pensiero vecchio quanti altri mai.

Una grande “Lega dell’Islam Nordafricano” che porti avanti il geniale progetto di riforma religiosa ideato dal leader egiziano Al Sisi protetta dalla Lega Islamica e da un panel di organizzazioni islamiche sufi, comunitarie, popolari, regionali che sia garantito dalla stessa Nato (qui ci vuole la vista delle armi) e che ricostruisca l’Islam contemporaneo rovinato dalla stupidità egoistica e folle di “riprendersi” le ricchezze petrolifere, usarle contro l’Occidente per strangolarlo definitivamente e reislamizzare l’Europa fino “ai Rum e alla loro città”, come dicevano i primi manifestini di Al Qaeda, altro “pensiero vecchio”.

Tutto finisce poi, lo ricorderete, tra El’cin e Putin, con le società in Canton Ticino che riciclano le tangenti della grande ristrutturazione del Cremlino, costata 120 volte il previsto. Il magistrato elvetico Carla Da Ponte ritornerà, con svizzero buonsenso, con l’aereo dei Servizi di Berna e rifiuterà l’ospitalità dorata degli Zar.

Vladimir Vladimirovic Putin, l’uomo che controllava per il Kgb la Stasi di Dresda, si prende il potere garantendo a El’cin una buonuscita per lui e la sua famiglia e ricostruendo nuove elezioni a sua immagine e somiglianza, nonché facendo fuori i due vecchi mastermind del Kgb per il Medio Oriente, i suoi unici veri nemici.

Non ci interessa oggi “fare affari” e basta con l’Est postsovietico. Troppo poco, non si fa politica estera con la mentalità del “cumenda”. L’ossessione affaristica è sciocca e speculare all’idealismo dei vari “scontri di civiltà”.
Ma possiamo, a questo punto, osservare, con gli occhi del “pensiero nuovo”, due elementi che possono riportarci ad un rapporto razionale con l’Est postbolscevico. È quello che chiamarei il “ritorno di Mackinder” nella geopolitica contemporanea.

Lo Hearthland, il centro dell’Eurasia, è ancora di nuovo il centro di sviluppo strategico, concettuale, militare del “pensiero nuovo”. Per il militare britannico lo Hearthland andava dall’Est del Volga alla parte orientale del Fiume Azzurro, l’Artico a Nord e a sud l’Himalaya.

Tutte terre da “grande gioco”, per dirla con lo scrittore britannico Rudyard Kipling.
Chi pensa vecchio ragiona sui vecchi confini ereditati da una Seconda Guerra Mondiale che, già piuttosto carenti fin dal loro inizio (il Medio Oriente dato “chiavi in mano” all’Urss fin dal primo momento, o meglio dopo l’operazione Israeliana-francese-britannica di riprendersi, nel 1956, il Canale di Suez “nazionalizzato” da Nasser) oggi fanno ridere.

Gli Usa non sono molto interessati alla Nato a meno che non faccia il loro lavoro, la Germania pensa ad una sua unione eurasiatica escludendo l’UE meridionale, la Francia delira per riprendersi la sua Françafrique e l’Italia, come al solito, non capisce niente, sta a guardare e ripete, come la gallina leopardiana, “il solito verso”.
Era meglio allora per la Nato 1956 il Grande Medio Oriente reso infido fino alla lunga notte del jihad, che già allora si prefigurava in alcuni gruppi di Fatah, o rendere efficace il confine della “battaglia per l’Europa” tra Nato e Patto di Varsavia sulla linea terrestre, solo terrestre, tra Hearthland e penisola eurasiatica? Pensiero Vecchio.

E la Cina, poi, che, siamo sempre al “pensiero vecchio”, non rincorre più i titolo del debito pubblico Usa, ma li sta vendendo.Pechino ha cessato di essere il primo buyer dei titoli del debito pubblico di Washington e compra oro al loro posto.Nella fase in cui la Cina gestiva uno straordinario surplus commerciale con gli Usa, Pechino ha dovuto comprare +1,1 trilioni di dollari maggiori del previsto. Costa cara al quantitative easing.

Dal giugno 2013 Pechino è invece diventato un “venditore netto”. Quindi è “pensiero vecchio” anche il grande progetto recente di Henry Kissinger, che parla di una “diarchia mondiale” Pechino-Washington che recupera un grande asse sullo Hearthland da parte degli Usa, in compensazione della perdita secca di potere della EU e della ritentata regionalizzazione della Federazione Russa.
Il “nuovo pensiero” vero e realistico è invece il declino strutturale di tutto l’Occidente, che dipenderà dagli equilibri della Nuova Eurasia per la sua Difesa, per i capitali freschi destinati a far stagnare ancora la sua folle economia e la sua ancor più delirante demografia, per l’uso della Forza contro il grande Arco del jihad, sfida globale alla quale non possiamo fare fronte con le armi, con il pensiero, con la strategia, che ci mancano tutte.
A che punto è ridotta l’Europa, come il fondatore della Croce Rossa Henri Dunant finito povero e malato a cercare l’oro nel Nuovo Mondo, in California.

Gli americani chiuderanno l’uscita delle loro Forze Armate dall’Europa, con lo Eic, European Infrastructure Consolidation, e le altre iniziative, ma rallenteranno di molto il tasso di abbandono delle loro Forze Armate dall’Europa Meridionale e dalla Germania. Ottima notizia per noi, certamente, ma saremo noi degni di adattare una nostra strategia da assestare insieme alla securizzazione dei vecchi confini Nato, che è l’obiettivo di Washington? E, data la straordinaria internazionalizzazione delle nostre imprese nei mercati arabi, c’è stato forse qualcuno, nella nostra intelligence, che ha definito con i Servizi arabi degli Investitori una “rete fine” di controjihad e di gestione del territorio anche remoto, mentre la Cina si avvia, (sono le indicazioni di Euroclear ultime scorse) a reinvestire la liquidità fuori dagli Usa in Europa? È del tutto evidente che questi dibattiti non sfiorano nemmeno la mente “vecchia” dei nostri decisori politici, ormai ridotti a distribuire pacche sulle spalle e magliette dei calciatori. È un declino, ben peggiore di quello pre-risorgimentale.

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