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Incognite e storture dell’accordo sul nucleare iraniano

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

No, non ci siamo ancora. Il testo definitivo dell’Accordo tra il P5+1 e la Repubblica Islamica Sciita dell’Iran non modifica in modo credibile i punti di criticità e di debolezza che avevamo scorto nelle precedenti “bozze”, tutte già vendute alla pubblica opinione mondiale come l'”obiettivo definitivo”: Il Joint Comprehensive Plan of Action, così come peraltro lo si definisce pubblicamente, mostra ancora gravi manchevolezze su alcuni punti. Vediamoli:Il responsabile, sul piano del diritto internazionale, è la sola IAEA viennese, che risponde direttamente al Consiglio di Sicurezza dell’ONU e verifica l’efficacia, la correttezza e la qualità ispettiva delle sue attività in territorio iraniano.

Facile immaginare a come la levantina e volontaria burocrazia, i piccoli disastri comunicativi, gli autobus, gli esperti e gli operai possano venir “gestiti”, come veri supporti di guerra informativa, da parte dei Pasdaran o delle organizzazioni iraniane che, ufficialmente o meno, si occuperanno di mettere i bastoni tra le ruote o, magari, di favorire le ispezioni IAEA ai siti pubblicitariamente più utili per il Regime.
Quindi, gli ispettori sul campo, nella versione finale dell'”Agreement”, rispondono sia al Board della IAEA, sia al Consiglio di Sicurezza, senza intermediazioni possibili o senza share of responsibilities. Con Teheran che gioca con loro come il gatto con il topo.

Sempre per il Testo Finale, accolto così festosamente dalle masse USA e, più comprensibilmente, iraniane, gli Ispettori della Agenzia viennese saranno, per la Repubblica sciita di Teheran, tra i 130 e i 150. Non uno di più.
Decisamente troppo pochi: su oltre 14 siti censiti, alcuni dei quali rilevantissimi, quali Teheran, Karaj, Arak. Darkovin e molti altri, così pochi vuol dire nessun ispettore. Ad ognuno dei pur validissimi esperti nucleari dell’IAEA verrà la “sindrome di Stendhal”, a vagare rapidamente per siti, centrifughe, centri di ricerca,centri di estrazione. Turismo strategico.

Si noti bene che Teheran accetterà o addirittura indicherà “esperti” provenienti dalle nazioni già in rapporti di mutuo e stabile riconoscimento con la Repubblica Sciita, e sono quindi improbabili esperti IAEA che possano provenire da nazioni che abbiano con Teheran un qualche contrasto strategico, politico, o di altra natura.
E anche qui il cerchio dei candidati al turismo nucleare si restringe fin troppo.

Un fatto positivo, ma che non ci immaginiamo nemmeno cosa potrà diventare sul piano della manipolazione della pubblica opinione internazionale, è la disponibilità, da parte degli Ispettori viennesi, di poter utilizzare tecnologie evolute per il loro lavoro: sigillatura elettronica, valutazioni sull’arricchimento in tempo reale, e potranno inviare in tempo egualmente reale i dati a Vienna. Utile? Certamente? Manipolabile? Sicuramente. Tutto diventa telematicamente possibile, tanto chi gestisce i dati della Rete è l’Iran, mica la IAEA o il P5+1.

Inoltre, e anche qui c’è una novità, l’Accordo prevede che gli Ispettori potranno verificare aree o locali in cui si trovano tutti i materiali e le tecnologie, qualora siano importati secondo i normali e ufficiali sistemi. Ovvero mai, come si è dimostrato per anni e, come oggi, continua ad accadere tramite le catene di procurement delle “Guardie della Rivoluzione”. Bene, e tutto molto chiaro: tutto questo significa che Teheran ha securizzato altre linee di rifornimento coperto.
Pakistan, Africa del Sud, qualche area come la Repubblica Democratica del Congo. Od altri ancora. L’elenco potrebbe essere stranamente lungo.

Le Ricerche e le verifiche IAEA, peraltro, dovranno essere gestite sulla base della normativa (solo) iraniana già concordata con il Centro di Vienna, più un “protocollo addizionale” che l’Iran ha affermato di “voler temporaneamente verificare sul campo”, almeno fino ai prossimi otto anni.
Teheran ha accettato di porre completamente sotto l’osservazione della IAEA e del Consiglio di Sicurezza tutti i programmi per nuove costruzioni, centrifughe e centri di ricerca, che l’IAEA esige riportate fin dall’inizio dei lavoro. Ovvio: le ha già fatte tutte.

L’Iran ha inoltre accettato di far controllare dall’Agenzia viennese: il controllo del minerale di uranio per almeno 25 anni (è ancora ovvio: hanno già estratto quello che gli serve) e il controllo del materiale nei rotori e nelle centrifughe per altri 20 anni. Anche qui la questione è del tutto pleonastica: hanno già estratto o comprato quello che gli serviva, e vogliono che l’IAEA controlli questo ormai onestissimo “mercato chiuso”.
Per i nuovi rotori e le centrifughe di più “futuristica” progettazione, Teheran ha dichiarato che “l’IAEA monitorerà tutto”.
Ovvero, che l’Ente viennese sarà costretta a dirlo mentre le “Guardie della Rivoluzione” guarderanno in faccia gli ispettori, già peraltro provenienti da paesi in buone relazioni con l’Iran e obbligati quindi a non mettere il loro ditino nelle già lucrose attività bilaterali…

Ma se qualcosa tende ancora ad andar male, in questo magnifico mondo costruito a tavolino?
Se c’è una possibile nuova costruzione di evidente finalità nucleare, o per qualsiasa altra infrazione dell’Iran a questo Protocollo, che si fa? Si chiede direttamente all’Iran, che potrà dire le sue bugie in tempo reale, senza altre “collaborazioni”. E’ un diritto interessante, vero?
Il secondo livello, la Request for access”, che dura da 1 a 14 giorni (magari tra le sabbie del deserto, con il cibo che arriva poco, l’acqua forse si potrebbe transare, no?) è quello che accade se la prima spiegazione alla infrazione non viene ritenuta accettabile dalla IAEA.

Il fatto, che risulta a questo punto quasi comico, è che l’unico responsabile per questa seconda possibile infrazione è sempre e solo l’Iran, che farà lavorare i suoi agenti per il necessario cover up da parte del Servizio dei Pasdaran della mala parata precedente.
La terza fase di un eventuale contrasto tra gli ispettori IAEA e l’Iran, sempre e solo l’Iran, è la “dispute resolution”, che dura 1-21 giorni, sempre, immaginiamo, sotto l’incudine del sole di lawrenciana memoria, con gli Ispettori volenterosi e gentili prigionieri di fatto di Teheran.

A questo punto, vivaddio, il “terzo nel diritto” che, prima di questa fase, era stranamente e solamente l’Iran, quia sum Leo, quel caso in sofferenza viene finalmente portato alla Commissione Unitaria garantita, lo leggiamo bene, dalla Commissione ad hoc stabilita dal Trattato per queste questioni piuttosto “ribelli”. E’ ovvio, se non è zuppa è pan bagnato, ed abbiamo il P5+1, più l’Iran, più l’Alto Commissariato della UE. Lo stesso panel più un altro posto per Teheran.

Immaginiamo che la scoperta di una fonte di uranio non censita, o di una decina di centrifughe distrattamente ancora attive, in questo contesto perderanno la loro necessaria concretezza per andare a porsi nel Cielo Mistico delle transazioni globali, dove ogni colpo è buono ma dove, a questo punto, Teheran avrà buon gioco a favorire il P5+1 più “aperto” e “sensibile”.
Ma poi, questo regime delle ispezioni è permanente? Da nessuna parte del testo finale è esplicito un dato del genere: si deduce, dalla durata dell’accesso generico IAEA, che il controllo durerà 15 anni. 15, lo ricordate? Proprio quel numero oltre il quale, nelle vecchie bozze del Joint Document, non si dovevano controllare, da parte della IAEA, i “centri di ricerca” e i siti evidentemente “ad uso civile”. Il diavolo sta nel dettaglio, come al solito.



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