Questo commento è stato pubblicato oggi dal quotidiano Il Tempo
Una unione di diversi con una moneta unica come funziona? Forse bisognerebbe chiederlo agli italiani del Nord e del Sud; oppure ai tedeschi dell’est e dell’ovest; oppure ancora agli abitanti del Tennessee e del Massachusetts. A guardarli bene, sono tre casi che si assomigliano alquanto: in ognuno di essi vi è una collettività, marcata geograficamente, che siamo abituati a chiamare più produttiva ed un’altra meno (direi strutturalmente, e non momentaneamente, in ritardo) e in cui la parte “più produttiva” del Paese trasferisce risorse alla parte più debole, che spende queste risorse meno bene di quanto non avrebbe fatto la prima.
Perché non si separano, adottando ognuno la sua moneta, queste “regioni-bozzolo”, tramutandosi in “Stati-farfalla”? Li unisce una voglia di stare insieme che è superiore ai costi evidenti per ognuno: un misto di affinità culturale, lascito storico, ambizione geopolitica di crescita o difesa più efficace.
Va di moda accusare di egoismo ed insensibilità verso “l’altro” i tedeschi. Eppure solo un quarto di secolo fa la Germania Ovest rovesciò sugli improduttivi ed arretrati cugini dell’Est un insieme di risorse che non ha avuto pari nella storia del XX secolo europeo. Il Presidente della Banca Centrale tedesca di allora, Pohl, si oppose alla richiesta di Kohl di procedere ad una unione monetaria basata sul cambio del marco 1:1, ritenuto dal primo troppo generoso verso i più poveri tedeschi orientali senza che questi avessero fatto le “riforme” prima. Kohl non lo ascoltò, esercitò la sua leadership politica, e Pohl finì per rassegnare le dimissioni. La Germania si unì e oggi nessuno più ricorda Pohl, ma Kohl sì, con gratitudine.
La storia del lunedì notte più buio della storia europea dal dopoguerra si spiega tutta qui. Nella sconvolgente decisione della Germania – e nel supino e disdicevole silenzio degli altri, Italia in primis – di dire no, un no totale, alla solidarietà verso la parte più debole del progetto comune europeo. La Grecia è condannata a soffrire inutilmente ancora per un po’. Ma non morirà, statene certi.
Chi è morto – per mancanza di leadership – è il futuro di pace europeo dei nostri figli, costruito con sacrificio dai loro nonni.