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Come mai l’Italia è assente dai tavoli europei sulla Grecia?

Contare in Europa non è una pretesa nazionalista da frustrati. Della Ue siamo il terzo contribuente, la seconda industria, la terza economia. Ne siamo uno dei sei fondatori.

Essere assenti dalle riunioni in cui si fanno le scelte più importanti e riservate non è un problema di immagine o di prestigio. È un danno al nostro Paese a vantaggio indebito di altri.

La questione greca continua a essere gestita dall’asse Merkel-Hollande che incontrano Tsipras senza di noi. Che avremmo pieno diritto a esserci. Secondo un report di Exane Bnp-Paribas, lo Stato italiano è complessivamente esposto nei suoi crediti verso la Grecia per ben 65,8 miliardi di euro. La Germania è esposta per 98,1 miliardi, la Francia per 75,3 miliardi, la Spagna per 45,3 miliardi.

Già questo basterebbe per reclamare la nostra presenza in ogni summit sul debito di Atene. Ma c’è molto di più. L’Italia ha già pagato carissimo (e non per modo di dire) la sua assenza dagli incontri decisivi sulla crisi greca. Nel 2010, quando ci fu il primo salvataggio di Atene, Germania e Francia ne approfittarono per salvare in realtà i loro istituti di credito, di cui fu azzerata l’esposizione, travasata di fatto sui crediti degli stati: le banche francesi avevano un’esposizione di 52 miliardi, quelle tedesche di 35 miliardi.

Si dirà: ma anche le nostre banche erano esposte. Sì, ma per soli 4 miliardi. Vedi caso in questi 5 anni la Francia ha così ridotto la sua esposizione verso la Grecia del 30% (23 miliardi in meno!), mentre l’Italia l’ha vista esplodere del 450%, 33 miliardi in più.

(post tratto dalla bacheca Facebook del direttore del tg di La 7, Enrico Mentana)



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