Abitualmente considerato anche nel giro più stretto degli amici e dei consiglieri come poco portato o sensibile ai problemi economici, essendosi sempre occupato nella sua attività politica e accademica di altri temi, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha forse sorpreso per la tempestività con la quale ha voluto commentare la situazione creatasi con la vittoria del no nel referendum greco sull’austerità reclamata da Berlino e da Bruxelles per restare nell’euro, e nella stessa Unione. Si tratta d’altronde di un tema che, pur partendo da considerazioni economiche, investe questioni più grandi, di natura politica, sociale e internazionale.
La prima cosa che colpisce, della “dichiarazione” di Mattarella diffusa dal Quirinale, è l’assenza di qualsiasi polemica, sviluppata invece dagli organi comunitari e dal presidente del Consiglio italiano, rispetto alla decisione del premier greco di rivolgersi ai suoi elettori. Il capo dello Stato, evidentemente, non ha condiviso i fiumi d’inchiostro e di parole versati contro il governo di Atene per una consultazione considerata troppo gravida di incertezze. Polemiche, queste contro il ricorso agli elettori, che in effetti tradiscono una concezione un po’ troppo tecnica, elitaria, burocratica dell’Unione Europea.
Se possono apparire ovvie le considerazioni del presidente Mattarella sulla necessità, adesso, di muoversi nell’Unione con “senso di responsabilità, lungimiranza, visione strategica”, per aprire evidentemente con il governo greco una nuova trattativa finalizzata più a tenere Atene nell’Unione che a spingerla fuori, appare di particolare significato politico l’invito del capo dello Stato a “una discussione collegiale, tra pari”. Un invito formulato mentre la cancelliera tedesca, come al solito, allestiva una consultazione immediata con il presidente della Repubblica francese. Un invito che ha in un certo senso obbligato il presidente del Consiglio ad allinearsi a quella che si può ben considerare una protesta. E che contraddice, francamente, il forte allineamento alla Merkel esibito da Renzi nei giorni scorsi, alla vigilia del referendum greco.
Occhio ora al Quirinale e ai rapporti con il presidente del Consiglio, che hanno già riscontrato passaggi difficili in almeno tre passaggi: la nomina del segretario generale della Presidenza della Repubblica, la rinuncia di Renzi all’intenzione di affrontare con un decreto legge la riforma della Rai, vista la scadenza a breve degli amministratori, e la rinuncia, sempre di Renzi, a imboccare la strada del decreto legge anche per la riforma della scuola.