Dal varo della Legge Delrio al decreto sugli enti locali, che sarà esaminato questa settimana dal Senato, sono trascorsi molti mesi. Troppi, per un governo che aveva promesso decisioni celeri, con tempistica mensile. Così è, …..tempus fugit.
Il tempo trascorso ha, quanto meno, consentito di individuare una serie di criticità, che dovrebbero essere risolte rapidamente, per evitare un grave caos gestionale ed amministrativo. Su questo punto concordano, ora, autorevoli personaggi. Ora.
Noi, sommessamente, ricordiamo che la CONFEDIR le criticità, le aveva già evidenziate al Commissario Cottarelli, nel lontano autunno 2013. E Carlo Cottarelli le aveva memorizzate, ma poi la sua “revisione della spesa” era abortita, sotto l’impulso rottamatorio di R1.
A nostro avviso, i problemi – denunciati allora – sono rimasti insoluti.
1) Il GOVERNO del TERRITORIO
Da una parte, stanno le Regioni che la legge di stabilità ha penalizzato con tagli di 3,9 miliardi. Dall’altra parte stanno i Comuni che, dovendo risparmiare 1,2 miliardi, cercano un punto di equilibrio tra minori risorse e servizi fondamentali da erogare (edilizia scolastica, dissesto idrogeologico etc…). Nel mezzo si pongono le Province (almeno quelle che restano) e le città metropolitane. Le Province che, come il CNEL, sono diventate una sorta di agnello sacrificale, sull’altare del renzismo. A loro, e’ stato chiesto un contributo ( alias risparmio) di circa 1 miliardo, ma – soprattutto – è stato chiesto di mettersi in una specie di limbo, come se non ci fosse piena volontà di abolirle in toto e come se mancasse l’idea di come gestire la fase di transizione.
2) I 20.000 ESUBERI ed i possibili DISSESTI.
Il problema della gestione dei 20.000 esuberi del personale provinciale e’ solo uno degli aspetti più controversi della vicenda. Impregiudicata la scelta di inviare costoro prevalentemente verso le Regioni o verso i comuni, risulta evidente che la politica non ha considerato gli aspetti economici e contrattuali legati a questo maxi- esodo. Non ha considerato che, a parità di funzioni, il ruolo regionale costa di piu’ di quello provinciale. Per un dirigente, si tratta di circa 20.000 euro annui.
Non solo, ma la politica ha sottovalutato il fatto che, tra circa un mese, decine di amministrazioni provinciali rischiano il dissesto economico, in assenza di rifinanziamento statale. Non si tratta di una affermazione CONFEDIR basata sul nulla. Si tratta di ciò che ha scritto la Corte dei Conti, a maggio 2015: “Il ritardo nei riordini delle competenze locali provoca un diffuso deterioramento della finanza provinciale”.
Pochi giorni fa, davanti ai magistrati contabili, l’UPI ha sottolineato che c’e …” un forte allarme sul mantenimento dei servizi essenziali ai cittadini” ( Variati, presidente UPI) e che…” la quasi totalita’ delle Province non e’ in grado di approvare un bilancio di previsione triennale “.
3) MANCATA CONCERTAZIONE
Distrutta la concertazione con le parti sociali (confederazioni sindacali, organismi vari di rappresentanza , in larghissima parte del Paese manca una specifica governance locale. Pochissime Regioni hanno, ad oggi, emanato una legge sul riordino delle funzioni provinciali, tant’è che la Funzione Pubblica sembra aver avocato a sé le decisioni “fondamentali” sulle regole di mobilità, finora definite dai singoli contratti di lavoro. Ma, oltre alla Madia, altri si muovono.
L’ANCI, ad esempio, ha chiesto al governo di accelerare le decisioni sulla destinazione ai comuni dei corpi di polizia provinciale.
E la Consulta ha deciso che vadano riaperti i contratti pubblici, ridefinendo le aree contrattuali ed, ovviamente, le competenze del personale.
Nel frattempo, il caos sull’istituto provinciale ha portato alla mancata manutenzione di strade ed ha caricato di impegni quei sindaci che sono ora anche presidenti di Provincia. Nuovi oneri, nuove responsabilità ma senza adeguata copertura economica e regolamentare.
4) BATTAGLIA SENZA QUARTIERE
Il caos normativo in atto, la lentezza nel varo della riforma costituzionale e la mancanza di una regia a livello territoriale hanno dato vita ad una guerra politica, per assicurarsi risorse e fette di potere. Anche se le risorse sono ridotte e se il potere locale è ridimensionato. Ma pur sempre di risorse e di gestione, si tratta.
5) METODO e MERITO
Come CONFEDIR ribadiamo di non essere interessati a questi perduranti giochi della politica e dei politicanti.
Ci limitiamo a ribadire le nostre convinzioni di sempre:
A) per riformare lo Stato, occorre avere una chiara idea del percorso da fare e dell’obiettivo finale. Non è sufficiente rottamare le Province ( o le prefetture o le camere di commercio od i comuni più piccoli ) se prima non si definiscono i compiti e le funzioni di uno stato moderno, nelle sue diverse espressioni, centrali e periferiche.
B) Quali sono, oggi, i bisogni irrinunciabili per la nostra comunità e chi li deve assolvere?
C) Quali sono le dotazioni economiche per garantire queste funzioni e come vanno imputate al bilancio di stato, regioni, enti locali?
D) Quali livelli amministrativi vanno coinvolti, per rispondere in modo ottimale alle nuove esigenze?
E) Come riequilibrare l’imposizione fiscale, evitando lo scaricabarile tra centro e periferia, in attesa di una totale revisione del fisco, basata sul contrasto di interessi?
F) Come si può pensare di evitare il coinvolgimento dei cittadini in queste scelte che, comunque, modificheranno pesantemente il welfare oggi in atto, contraendolo, per motivi economici ?
G) Chi ci governa capirà mai che occorre normare l’articolazione delle nuove funzioni in modo chiaro e netto, per evitare nuovi caos interpretativi e nuove battaglie legali, come quelle prodotte dalla cattiva riforma del titolo V della Costituzione, 3 lustri fa?
In definitiva, la CONFEDIR si accontenterebbe se fosse data una risposta concreta a questi 7 quesiti, evitando – su temi così essenziali per la vita di ciascuno – il ricorso ad un ennesimo voto di fiducia.
Stefano Biasioli
Segretario generale CONFEDIR