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Usa, i veri pericoli per la sicurezza sono Russia e Cina. Parola del Pentagono

La nuova dottrina militare americana pubblicata ieri non ha dubbi: per la difesa di Washington i due maggiori pericoli sono Cina e Russia.

Le sempre maggiori tensioni in campo cibernetico con Pechino da un lato e la tensione in Ucraina dall’altro sono, per molti analisti, la cartina di tornasole per testare l’affidabilità del nuovo documento redatto dal Pentagono (clicca qui per leggere la versione integrale della Military Strategy Usa 2015), che arriva a 4 anni dal precedente Libro Bianco e che definisce priorità e timori delle Forze armate d’oltreoceano.

I TIMORI DEL PENTAGONO

Nella strategia globale di difesa Usa preparata dal capo di Stato maggiore Martin Dempsey, dal numero uno della Difesa Ashton Carter (nella foto) e dai loro colleghi, si mette nero su bianco come – a lato di pericoli conclamati, come il jihadismo globale dell’Isis, ma anche dell’Iran, con cui c’è si negozia ancora un accordo sul nucleare – ci sia anche “un basso ma crescente” rischio che Washington possa entrare in guerra con una maggiore potenza – come Pechino, che pure non viene citata in questo passaggio -, con ripercussioni “immense”. Nessuna di queste nazioni, si legge ancora, cerca al momento “un conflitto militare diretto con gli Usa o i suoi alleati”. Tuttavia, “ognuno di essi pone seri problemi di sicurezza, in un momento in cui la comunità internazionale sta lavorando per affrontare collettivamente” problemi spinosi.

LE TENSIONI NEL PACIFICO

Il Pentagono parla espressamente della Cina (che ha a sua volta pubblicato a maggio scorso un documento analogo) quando spiega, invece, come le attività di quest’ultima stiano “alimentando la tensione nella regione Asia-Pacifico”. La costruzione di isole artificiali su barriere coralline a migliaia di chilometri dalla costa della Repubblica Popolare, con l’obiettivo di mettere le mani sul Mar Cinese Meridionale, sta generando contrasti crescenti con nazioni vicine come Giappone, Filippine e Vietnam, per citarne alcune.

IL PROBLEMA TECNOLOGICO

Nel testo, gli Usa esprimono preoccupazione anche per lo sviluppo di tecnologie che vedono progressivamente intaccato il vantaggio competitivo che hanno sempre avuto in molti aspetti del settore militare: “Quando si applicano a sistemi militari, questa diffusione di tecnologia va a sfidare il vantaggio competitivo a lungo detenuto dagli Usa in settori come l’allarme rapido (per riconoscere ad esempio il lancio di un missile balistico intercontinentale) e i bombardamenti di precisione”. Ma anche nel campo dei droni, dove proprio Pechino starebbe facendo passi da gigante, anche grazie a presunte sottrazioni di prezioso know how realizzate attraverso cyber attacchi.

IL RIFERIMENTO A MOSCA

Più spazio invece ai pericoli generati dall’Orso russo, che, scrive il Pentagono, “ha ripetutamente dimostrato che non rispetta la sovranità dei suoi vicini (Ucraina) e la sua volontà di ricorrere all’uso della forze pur di raggiungere i suoi obiettivi”. Non solo: “Le azioni militari russe stanno minacciando direttamente o per procura la sicurezza regionale”, si ribadisce, riferendosi alla presenza di truppe russe in Ucraina e al supporto economico e militare offerto ai ribelli.

LA RISPOSTA DEL CREMLINO

Non è tardata però la replica di Mosca. Per Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, “la nuova dottrina militare di Washington “difficilmente contribuirà a tentativi di orientare le nostre relazioni bilaterali in direzione della normalizzazione, necessaria per una lotta comune contro le sfide attuali”, come lo Stato islamico.
Parole che non inteneriscono il Pentagono, che in un comunicato diffuso ieri sera ha rafforzato i concetti espressi nella sua Militar Strategy, affermando che l’esercito americano deve essere preparato – lo dimostra la crisi di Kiev – ad affrontare “Stati revisionisti come la Russia”.

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