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Vi racconto come le burocrazie ministeriali violentano le start up

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Edoardo Narduzzi apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Il cimitero dei bersaniani. Così, tra gli addetti ai lavori, è conosciuto il Ministero dello sviluppo economico dove l’ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, per molti anni è stato ministro disseminandolo, nella migliore tradizione dello spoil system, di molti dirigenti « di area». Oggi, con il Pd sempre più spaccato tra filo renziani e opposizione interna guidata proprio dal duo D’Alema-Bersani, gli effetti negativi dello scontro si propagano per tutta la filiera istituzionale. Nel mezzo, restano le imprese e l’economia italiana sempre più costrette a convivere con servizi della burocrazia di qualità indegna dell’eurozona e quindi impossibilitate a fare pil e nuova occupazione.

Il premier, Matteo Renzi, aveva annunciato e promesso una «lotta violenta alla burocrazia», ma, in questo caso, l’intenzione si è fermata in una dimensione pre-slide. La verità, come insegna in maniera cristallina la crisi in corso in Grecia, è che è indispensabile far conoscere e capire, alla classe dirigente e di governo di Berlino, la qualità mediocrissima dei servizi resi dalla pubblica amministrazione alle imprese italiane, nonostante paghino una pressione fiscale superiore a quella tedesca. Con questa catena al piede perfino la formidabile Baviera alzerebbe bandiera bianca.

Il ministero dello Sviluppo economico è, stante la mia personale esperienza sul campo, un idealtipo di macchina burocratica di coda della deficitaria pubblica amministrazione italica. Più che favorire lo sviluppo economico e l’occupazione è una macchina produci ritardi, cavilli e esternalità negative. Per far emergere chiaramente la situazione non è più possibile solo scriverne sui giornali o parlarne nei talkshow. Si deve passare ai fatti alla «Occupy Wall Street», piantare le tende fuori dalla sede del Mise a Roma in Via Veneto, iniziare uno sciopero della fame e inviare – via Facebook, Instgram, Twitter e tutti gli altri social media . le foto della protesta in tutto il mondo e in tutte le lingue.

È quanto ho suggerito di fare ad alcune ingegneri che lavorano in imprese innovative che sono stati trattati da veri sudditi dal Mise. Ecco la storia che vi fotografa l’insostenibilità del contesto nel quale deve essere fatta impresa in Italia. È il 15 giugno del 2012 e il governo guidato da Mario Monti approva il cosiddetto decreto Sviluppo Italia, Entra immediatamente in vigore, come tutti i decreti legge, e viene convertito definitivamente nell’ottobre dello stesso anno. Contiene una norma che introduce un credito di imposta del 35% per le assunzioni di dottori di ricerca in materie tecnico-scientifiche, non in scienze politiche o in comunicazione per capirci.

Per farlo diventare operativo il Mise impiega più di due anni. Esattamente bisogna attendere il 28 luglio del 2014 quando il Mise pubblichi un decreto a firma del direttore generale, Carlo Sappino, introducendo una segmentazione non presente nella norma originale: le istanze di accesso al credito d’imposta riferite ai costi sostenuti per le assunzioni nel periodo dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2012 possono essere presentate dal 15 settembre 2014 fino al 31 dicembre 2014. Dal 10 gennaio 2015 possono essere presentate le istanze riferite ai costi sostenuti per le assunzioni nell’anno 2013 e dal 10 gennaio 2016 quelle relative ai costi sostenuti per le assunzioni nell’anno 2014. Badate bene che si trattava di norme anticicliche del governo Monti pensate per contrastare la recessione ed essere immediatamente operative.

Il 15 settembre 2014 il Mise apre la piattaforma per le assunzioni fatte il 26 giugno del 2012 e, ovviamente, dopo un paio di ore di attività, la piattaforma va in crash per tutta la giornata. Si blocca totalmente, creando il panico tra tutte le imprese che stavano caricando, dopo aver atteso quasi tre anni, i loro documenti. Stesso blocco della piattaforma il giorno successivo. La situazione diventa normale solo al terzo o quarto giorno. Nel frattempo molte piccole imprese, essendo trascorsi più di due anni dalle assunzione e avendo dovuto gestire i blocchi della piattaforma, si sbagliano e caricano solo i costi del personale relativi al 2012 e non anche la quota parte relativa al 2013. Un ministero tedesco, avrebbe avvertito le imprese dell’errore fatto in poche ore e le avrebbe aiutate a caricare tutti i dati richiesti inclusi quelli del 2013, visto che c’era tempo fino al 31 dicembre 2014 per modificare la dichiarazione.

Non il Mise che, da tradizione borbonica, ha lavorato le pratiche solo nel 2015, quando la fritatta era fatta, comunicando alle startup che avevano perso il credito per la quota di costo del personale relativa al 2013 per le assunzione del 2012. Follia burocratica allo stato puro.

Morale, se siete una piccola impresa innovativa o una startup italiana e assumete dei Ph.D in ingegneria o fisica per quasi tre anni dovete essere pronti ad attendere i provvedimenti attuativi del Mise, provvedimenti che ridisegneranno quasi completamente le modalità di utilizzo del credito di imposta, eppoi subire tutti i disservizi creati dalla piattaforma realizzata ad hoc senza potervi permettere alcun errore: se vi sbagliate a caricare anche un solo dato (dopo tre anni di attesa può capitare) non pensate di beneficiare di alcun supporto o consulenza da parte del Mise. Il vostro credito di imposta, e con esso il Pil e l’occupazione made in Italy, sono bruciati per sempre. Signora Merkel, la prego, scenda Lei in Italia a rottamare questa burocrazia antisviluppo.

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