L’estate è molto utile, oltre che per riposarsi, anche per comprendere quali sono i temi di tendenza nel proprio tempo. E certamente questo mese di agosto ha visto emergere questioni che, oltre alla grave crisi greca e al crollo delle borse asiatiche, appartengono alla sfera umana della politica. Mi riferisco all’immigrazione, al centro del dibattito mondiale, e, ovviamente, al grande tema etico e sociale della famiglia.
Ci sono stati due interventi, com’è noto di diverso tenore, che hanno animato il dibattito pubblico, ed entrambi sono venuti da importanti prelati: il primo del cardinale Nunzio Galantino e il secondo del cardinale Angelo Bagnasco, rispettivamente numeri due e uno della Chiesa italiana.
La prima osservazione da fare e da tener presente è che dal punto di vista dottrinale non vi è contraddizione tra avere una spiccata sensibilità pastorale verso il sociale e verso le situazioni critiche, familiari e di emarginazione economica, come propone Galantino, e ribadire il valore indisponibile e irriformabile, specialmente dal punto di vista naturale, di alcuni principi antropologici ed etici, come sottolinea giustamente Bagnasco. Anzi, è quanto mai fondamentale che nell’ottica cristiana si tenga conto di quella gerarchia della verità che prevede appunto, se rettamente considerata, proprio una gradualità netta e oggettiva tra le diverse priorità. Vi sono realtà vere sempre, a prescindere dalle situazioni contingenti, e vi sono valutazioni di circostanza che necessitano risposte proporzionate e adeguate con prudenza a quanto accade di volta in volta.
Ovviamente, ben diverso è il discorso dal punto di vista politico, ossia della ricettività e dell’applicazione concreta dei valori in scelte e opzioni da prendere.
L’intervento del cardinale Bagnasco è stato in questo senso particolarmente opportuno e chiarificatore, soprattutto perché l’impressione che stava emergendo a livello di opinione pubblica è che la Chiesa stesse per trasformare i propri principi permanenti e immutabili, riguardanti vita, persona e famiglia, in aspetti rivedibili ed adattabili alle complesse e drammatiche situazioni di sfaldamento sociale che stiamo epocalmente vivendo.
Tradotto in italiano, il discorso di apertura di Galantino, sia verso il tema dell’immigrazione e ancor più verso le questioni delle coppie di fatto, ha valore soltanto se letto alla luce di ciò che Bagnasco ha giustamente ribadito con precisione successivamente.
È interessante notare inoltre quanto anche la lettura della figura di De Gasperi di Galantino, proposta recentemente per la sua commemorazione, fosse molto chiara nel presentare una concezione orizzontale e progressiva della storia, nella quale, ad avviso di chi scrive non correttamente, veniva inserito il contributo dello statista trentino.
Il mondo politico, soprattutto il centrodestra, nella parte più conservatrice, ha reagito duramente alle tesi sull’immigrazione del segretario della Cei, vedendovi una presentazione non rappresentativa di tutte le sensibilità presenti. Invece, di diversa entità è stata la lettura che proprio nel centrodestra è stata data dell’intervista di Bagnasco sul Corriere, nella quale il presidente dei vescovi ha ricordato che la famiglia è base costituzionale della società, e che perciò non esiste alcuna equiparazione possibile con altre forme di convivenza civile, fermo restando il dialogo con tutti.
Insomma tutto il centrodestra si è arrestato in modo compatto sui principi, perfino quella parte come Area Popolare a pieno diritto inserita nella maggioranza di centrosinistra. Ciò significa che il collante vero della parte moderata del paese non soltanto esiste, ma si riconosce in alcuni valori etici ed antropologici importantissimi che segnano un confine netto con la sinistra e un collettore del centro con la destra.
Non si tratta, evidentemente, di prendere partito per un vescovo o per un altro. Ciascun cattolico può e deve esprimere, compatibilmente con la coerenza del deposito di fede cristiana, la propria idea e visione.
Il problema semmai coinvolge direttamente la politica, che deve proporre ideali suoi propri, autonomamente dai pronunciamenti liberi e legittimi della gerarchia ecclesiastica. Il centrodestra oggi si divide su tutto, non da ultimo nel rapporto con Renzi, ma si unisce quando scattano non valutazioni economiche o giudizi sulle riforme, bensì affermazioni morali riguardanti la persona, la società, lo Stato e così via. Questo è un fatto.
La conclusione è chiara. A meno di non voler pretendere di farsi sbranare dalle logiche comprensibili e mai banali del potere, il centrodestra esiste come area politica molto ampia solo se la sua compattezza poggia esattamente sull’identità etica e direi spirituale che definisce da sempre la potenza della sua proposta politica. D’altronde, davanti ad un mondo così segnato da problemi di ordine umano e così lacerato da incertezze, il centrodestra o si fa portatore di sicurezze e di approdi stabili oppure è destinato a rimanere succube della cultura progressista.
E a meno di non pensare, in definitiva, che la Chiesa debba fare politica e Bagnasco cambi mestiere, è prioritario che il centrodestra italiano riparta unito, con una propria concezione etica e culturale, in grado di affrontare con consapevolezza granitica le sfide del Paese. Per il bene di tutti. Anche di Renzi e della sinistra.