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Che fine ha fatto la liberalizzazione dei servizi pubblici locali?

Lo slittamento a settembre del provvedimento sulla concorrenza, causato dalla mole spropositata di emendamenti presentati dal M5S, è una pessima notizia. Lo è in primo luogo perché avrebbe segnato una prima svolta verso un’autentica politica di liberalizzazioni.

E così, mentre in Inghilterra David Cameron, per risanare i conti pubblici, mette in cantiere un piano di privatizzazioni da far impallidire la Thatcher, l’Italia continua ad essere il Paese meno liberalizzato d’Europa. Mi domando dove Renzi troverà le risorse per abbassare le tasse senza un’accelerata sulle liberalizzazioni.

La famosa lettera che nel 2011 aprì la fase dei governi tecnici Monti e Letta chiedeva una liberalizzazione immediata dei servizi pubblici locali. Sono trascorsi quattro anni e nulla è stato fatto in questa direzione: il trasporto ferroviario regionale italiano resta tra i peggiori di Europa, mentre dove il settore è stato liberalizzato abbiamo la migliore alta velocità del continente; inoltre il servizio idrico gestito dalle municipalizzate è disastroso, ci sono investimenti fermi per 60 miliardi di euro a fronte di perdite medie degli acquedotti del 40%, con picchi drammatici del 60% al sud.

Un mercato disciplinato dalla libera concorrenza è il miglior antidoto alla corruzione, l’unico rimedio per togliere potere di ingerenza ai professionisti della politica e alle loro clientele.

Sarebbe opportuno quindi che il premier Matteo Renzi mantenesse le promesse liberalizzando immediatamente il mercato. Se volesse davvero chiudere le municipalizzate e dare un segnale concreto della volontà politica di rendere più efficienti i servizi per i cittadini bloccherebbe tutti gli affidamenti in house del servizio idrico locale.

Ma a parte gli slogan, non abbiamo visto nulla di tutto questo.

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