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Difesa, progetti e timori per l’integrazione delle Forze armate

Mentre il vessillo nero dell’Isis inizia a sventolare anche in Nord Africa a pochi chilometri dalle coste italiane e la crisi ucraina si acuisce, l’imperativo, per le nostre Forze armate, è “razionalizzare e modernizzare”. Sono queste le “massime priorità” illustrate lo scorso 4 agosto dal capo di Stato maggiore, il generale Claudio Graziano, in Commissione difesa della Camera dei deputati.

LE LINEE PROGRAMMATICHE

Un mantra non differente da quello recitato da tempo dalla titolare del dicastero di Via XX Settembre, Roberta Pinotti, e ribadito nero su bianco nel Libro Bianco varato ad aprile scorso e nel Documento programmatico pluriennale (Dpp) per la Difesa per il triennio 2015-2017, risalente invece a maggio.

L’ACCENTRAMENTO DI POTERI

Fare meno con meglio, dunque. Facile a dirsi. Ma come? La precedenza, ha spiegato il capo di Smd, sarà data al “processo di integrazione interforze” a partire dalla necessità di “consolidare” nel vertice delle forze armate il ruolo di una “unica regia”. In pratica accentrare più poteri nelle mani dello Stato maggiore a discapito dei generali che guidano Esercito, Marina e Aeronautica.
Un’opera di difficile applicazione secondo alcuni addetti ai lavori, compreso l’ammiraglio di squadra Ferdinando Sanfelice di Monteforte, oggi docente e presidente della commissione militare del Comitato Atlantico Italiano, con alle spalle numerosi incarichi internazionali, tra cui quello di Rappresentante Militare per l’Italia presso i Comitati Militari Nato e Ue.

GLI OSTACOLI

Per l’esperto, intervenuto sul tema nel numero di giugno della rivista Airpress, “troppe funzioni affidate a una sola figura di vertice ne provocano la saturazione, per la molteplicità dei suoi impegni, con conseguenza perdita di attenzione e di efficacia nell’opera di alta direzione”. Inoltre, sottolinea ancora l’ammiraglio, tutto lascia prevedere che le resistenze saranno forti, forse insormontabili, così come un vero cambiamento di mentalità, che è ciò che servirebbe davvero. “L’agilità decisionale è un processo che dipende più dalla sinergia e dalla concordia dei vari attori, che devono essere in grado di coordinarsi orizzontalmente, piuttosto che da modifiche strutturali”, come quelle pur valide per ringiovanire e snellire i corpi, sottolinea. “Le accese divergenze di questi ultimi decenni – aggiunge -, con le connesse resistenze al cambiamento del nostro strumento militare, dall’attuale postura aero-terrestre da Guerra Fredda a uno più bilanciato, non lasciano molti margini di ottimismo”.

LA VERSIONE DI GRAZIANO

Rilievi che non fermano tuttavia l’attività di ministero e forze armate, intenzionati a proseguire nell’opera riformatrice, o almeno a provarci. “Il Libro bianco – ha detto ancora Graziano in audizione – non sminuisce il ruolo dei singoli comandi e della armonizzazione delle diverse forze” che “è già prevista da tempo”. C’è forte, dice, “l’esigenza di andare verso un’allocazione per quanto possibile diversa delle risorse che permetta di non fare tagli all’esercizio”. Perché “l’obiettivo è considerare la manutenzione e l’addestramento una forma di investimento”. Un tema al tempo stesso gestionale ed economico che andrà a impattare giocoforza anche sul personale, ma “senza creare precarietà”. La “peculiarità militare”, ha rimarcato, è “un po’ messa in difficoltà dall’eccessiva rigidità del sistema” a seguito del “passaggio repentino dalla leva al modello professionale”.

LA SPESA PER IL PERSONALE

“Attualmente le risorse destinate al personale sono circa il 73% della funzione difesa. È evidente che è una situazione non sostenibile” ed è pertanto necessario “partire subito per conseguire risultati a medio termine ad iniziare dall’eventuale esodo per legge con le misure e i trattamenti economici adeguati per il personale più anziano”, ha aggiunto, sottolineando anche la necessità di “rivedere i criteri di arruolamento e i trattamenti di servizio al personale di ogni ordine e grado”. Più in generale, ha concluso il capo di Smd, è necessario aumentare la capacità di risposta degli organismi nazionali e “stimolare quelli internazionali, in particolare Europa e Nato”, per contare su uno strumento militare “opportunamente dimensionato e versatile”. Una sfida complessa, ma tutto sommato possibile, visti gli esempi virtuosi di Francia, Regno Unito, Germania e Israele, già alle prese nel recente passato con vere e proprie rivoluzioni e con un rafforzamento del vertice unico.


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