Dal 19 settembre al 28 marzo del prossimo anno, il Palladio Museum di Vicenza accoglierà i visitatori esibendo i busti di Palladio e di Thomas Jefferson (1743-1826), colui che scrisse materialmente la Dichiarazione d’Indipendenza e fu il terzo presidente degli Usa. Jefferson fu l’americano che più di ogni altro contribuì a dare un volto alla nuova nazione attraverso l’arte, l’architettura e il disegno del territorio: visionario e pragmatico, un uomo d’azione e un intellettuale che conosceva il latino e il greco e che era convinto che il Nuovo Mondo si potesse costruire solo attraverso la razionalità e la bellezza.
Le campagne e le città degli Stati Uniti, suddivise in quadrati regolari, erano il sogno di Jefferson, impostando una griglia riferita ai meridiani e paralleli, ispirandosi agli antichi Romani. E la Casa Bianca, con il portico su colonne come una villa palladiana: Jefferson avrebbe voluto addirittura una copia ingrandita della Rotonda di Vicenza, e comunque la casa del presidente dei nuovi Stati Uniti, nati da una guerra sanguinosa contro una monarchia, doveva ispirarsi all’architettura repubblicana, com’era la Repubblica di Venezia.
La mostra “Thomas Jefferson e Palladio. Come costruire un mondo nuovo” è la prima mai dedicata in Europa al grande ‘palladianista’ americano. Condurrà gli italiani (e non solo) nel mondo di Jefferson, le sue collezioni d’arte, i suoi progetti di architettura, i suoi sogni ma anche le sue contraddizioni: attraverso disegni, sculture, libri preziosi, modelli di architetture, video e multimedia. In mostra anche i tre preziosi bozzetti originali di Antonio Canova per la statua di George Washington commissionata dallo stesso Jefferson.
Prima ancora che una mostra di architettura è la mostra su un uomo, convinto che l’architettura potesse migliorare il mondo intorno a sé. Cominciò a studiarla dai libri, poi la visitò durante un lungo soggiorno in Europa, come ambasciatore degli Stati Uniti a Parigi. Costruì due ville per se stesso e molte altre per i propri amici. Con il progetto per il Campidoglio della città di Richmond stabilì le forme degli edifici del potere civile americano. Negli ultimi anni di vita, con la sede dell’Università della Virginia creò il prototipo del “campus” universitario: un’architettura aperta, con le aule in padiglioni isolati che si affacciano, insieme alle residenze degli studenti, su un prato verde, coronato dalla monumentale biblioteca in forma di Pantheon. Un’idea di comunità e insieme la visione che sia la cultura il terreno su cui costruire i nuovi Stati Uniti d’America.
Per Jefferson, Palladio era “the Bible”. Chiamò la propria villa Monticello perché nei ‘Quattro Libri’ aveva letto (in italiano) che la Rotonda sorgeva su “un monticello”. Palladio per Jefferson era colui che aveva saputo tradurre la grande architettura romana antica per gli usi del mondo moderno. E soprattutto Palladio aveva creato “la villa”, la residenza dei gentiluomini (veneti, inglesi o americani) che curavano i propri interessi in campagna, crescendo sani nella natura e coltivando il proprio spirito con la lettura dei classici.
La mostra è dedicata alla memoria di Mario Valmarana, indimenticato professore alla University of Virginia, che dedicò una vita a creare ponti fra il Veneto di Palladio e la Virginia di Jefferson. È realizzata grazie al sostegno di Regione del Veneto e di Fondazione Cariverona, ed è frutto della collaborazione con Fondazione Canova di Possagno e con Stiftung Bibliothek Werner Oechslin di Einsiedeln. La mostra è parte di un progetto comune costruito con il Canadian Centre for Architecture di Montreal, che nell’ottobre 2014 ha ospitato il progetto fotografico “Found in Translation: Palladio-Jefferson. A narrative by Filippo Romano”.
L’esposizione è a cura di Guido Beltramini e Fulvio Lenzo, sostenuti da un consiglio scientifico presieduto da Howard Burns (Scuola Normale Superiore di Pisa) e di cui fanno parte James Ackerman (Harvard University), Bruce Boucher (University of Virginia), Travis C. McDonald (Corporation for Jefferson’s Poplar Forest), Damiana Paternò (Iuav Venezia), Mario Piana (Iuav Venezia), Craig Reynolds (University of Virginia).