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Tutte le convergenze (non solo) economiche tra Egitto e Russia

La Russia punta a rafforzare la propria presenza nel Mediterraneo corteggiando ancora più da vicino un Paese strategico per gli equilibri regionali: l’Egitto. Copiosi investimenti nella terra che fu dei Faraoni sono le sirene con cui il padre-padrone di Mosca, Vladimir Putin, prova ad ammaliare l’uomo forte della politica egiziana, il presidente Abdel Fattah al-Sisi, che si fermerà oggi e domani nella capitale russa per una visita ufficiale.

GLI OBIETTIVI ECONOMICI

I rapporti tra i due Paesi sono in crescita e, come spiega il Cairo Post, sono destinati senza dubbio ad ampliarsi, soprattutto economicamente. “Sisi e la sua delegazione incontreranno alti rappresentanti di imprese di primo piano”, ha sottolineato lo stesso governo egiziano in una nota. Nel mese di febbraio, i presidenti delle due nazioni annunciarono proprio al Cairo che la Russia aiuterà Cairo a costruire la prima centrale nucleare in Egitto, che sarà situata nella città mediterranea di Dabaa. Dal canto suo, l’Egitto ha dato il via libera a una zona di libero scambio nel Paese.

INCONTRI FITTI

Non è un caso, rimarca il Jerusalem Post, che la Russia sia stato il primo Paese straniero visitato da Sisi dopo la sua rielezione lo scorso anno. Gli incontri ufficiali si susseguono. Come ricorda il sito governativo Sputnik, “Al Sisi è stato in visita in Russia, incontrando Putin, nell’agosto del 2014 a Sochi e a maggio del 2015 a Mosca, in occasione del 70esimo anniversario della vittoria sulla Germania nazista. Putin si è recato in visita ufficiale in Egitto a febbraio”.

LE INTESE MILITARI

Alla base di questa nuova relazione speciale c’è appunto la voglia di stringere affari, ma anche le convergenze sul piano della lotta al terrorismo e – ciò che preoccupa di più l’Occidente – la possibilità che questa collaborazione si estenda anche sul piano militare. Negli anni ’60 il principale fornitore di armi dell’Egitto era l’Unione Sovietica, soppiantata poi da Washington. Un ritorno al passato, dunque? Forse è ancora presto per dirlo, ma qualche segnale c’è già. Dal 6 al 14 giugno scorso si sono svolte nel Mediterraneo le esercitazioni navali russo-egiziane “Bridge of Friendship 2015” (“Ponte di Amicizia 2015”). Nell’occasione, navi da guerra dei due Paesi, con il supporto dell’Aviazione, hanno elaborato manovre congiunte per la protezione delle rotte e collegamenti marini da varie minacce. Un segnale non da poco, perché la Marina Militare egiziana è la più grande in Africa e nel mondo arabo. E tutto ciò è accaduto a un tiro di schioppo da nazioni aderenti alla Nato come Grecia e Turchia.

LA STRATEGIA CHE SERVE

Tuttavia non tutto è perduto. Alla base di questo atteggiamento egiziano, analizza Forbes, c’è probabilmente la volontà del Cairo di attirare l’attenzione degli Usa, perché torni a seguire da vicino le necessità del Paese. “L’amministrazione Obama – commenta Anna Borshchevskaya – fa bene a criticare Sisi sul suo arretramento democratico”. Ma, aggiunge, riporre scarsa attenzione ad alcune minacce che preoccupano l’Egitto, come l’instabilità nel Sinai, spinge solo il Cairo “più vicino a Putin”, danneggiando gli stessi interessi occidentali nell’area.


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