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Tutti gli effetti della crisi della Cgil

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

‎Egregio direttore,

siamo arrivati a un punto di svolta nella storia del sindacato italiano. Una via tracciata oltre sessant’anni fa con puro pionierismo da Giulio Pastore.

Gli ultimi dati sui lavoratori attivi delle principali organizzazioni dei lavoratori ci consegnano il quadro seguente: la Cgil può contare 2.562.211 iscritti, la Cisl 2.340.119, la Uil 1.344.039.

La clamorosa perdita di adesioni del sindacato guidato da Susanna Camusso e della federazione di Maurizio Landini ha per contraltare l’aumento da parte di Cisl e Uil.

I nodi, gentile direttore, vengono sempre al pettine. E nonostante la violenta campagna di stampa subita da un grande leader come Raffaele Bonanni, e più recentemente dalla Cisl, la lezione di Pastore e dei suoi successori, nel solco del magistero di Leone XIII e delle encicliche sociali da lui inaugurate, vince e convince.

L’odierno quadro delle adesioni ai sindacati tra i lavoratori attivi è solo la premessa di quanto constateremo l’anno venturo sul 2016: il sorpasso di Cisl su Cgil e la definitiva affermazione di una concezione matura e moderna della funzione sindacale, premiata dalle forze attive del lavoro perché giudicata propria, lontana da pregiudizi e ideologie, ancorata con realismo alla vitalità del sistema produttivo nello spirito di un’alleanza tra capitale e lavoro che permea da sempre l’impegno dei cattolici nella vita sociale e che è scritto a chiare lettere nella dottrina sociale della Chiesa.

Ciò autorizza, anche nel sindacato dimostratosi vincente alla prova dei numeri, il mantenimento di posizioni di privilegio? Niente affatto! Ma non è neppure possibile – come con desolante pressapochismo è stato fatto da parte di protagonisti delle nostre istituzioni – mettere tutti i sindacati sullo stesso piano.

I risultati cui abbiamo fatto riferimento aprono infine due dibattiti, entrambi meritevoli di interesse e al contempo bisognosi di una riflessione ampia, inevitabilmente da svolgersi in altre sedi.

Da un lato, occorre che dentro alla Cgil emerga una volta per tutte la dialettica già esistente, ma fino ad oggi silenziata, affinché esso non finisca col diventare definitivamente, nell’arco di tre anni‎, il sindacato dei lavoratori in pensione.

In secondo luogo, esist‎e uno spazio per un grande sindacato dei lavoratori italiani capace di cogliere le sfide del cambiamento ponendosi come un tempo (fino a trenta, quaranta anni fa), propulsore delle innovazioni sociali, economiche e giuslavoristiche. E’ questo un nodo che Cisl e Uil assai presto dovranno affrontare.

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