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I concetti craxiani di Renzi sui magistrati “passacarte”

Rimosso Bettino Craxi dal Pantheon della sinistra riformista bollandolo come “una personalità non pedagogica”, viste le condanne rimediate nei processi di Tangentopoli, Matteo Renzi è ogni tanto costretto dalle circostanze politiche a imitarne proposte e proteste.

Sono, per esempio, parole di Craxi quelle che il presidente del Consiglio, condividendo il no del Senato, e di una parte del gruppo parlamentare del proprio partito, contro l’arresto dell’alfaniano Antonio Azzollini chiesto dai magistrati di Trani, ha pronunciato in difesa del Parlamento. Che non può essere scambiato  -ha detto, in particolare, Renzi – per “il passacarte” delle Procure, e dei giudici che ne accolgono le richieste di arresto nei riguardi di deputati e senatori. Per i quali si può ormai procedere nelle indagini e nei processi, dopo l’amputazione del vecchio articolo 68 della Corte Costituzionale sulle immunità concessa dallo stesso Parlamento negli anni di “Mani pulite”, ma non sino ad ammanettarli senza l’autorizzazione, e la relativa valutazione degli atti, da parte della Camera di appartenenza.

E’ inutile arroccarsi nella distinzione fra Pubblico Ministero che chiede l’arresto di un parlamentare e il giudice “terzo” che lo concede ed avrebbe pertanto diritto di attendersi il sì collaborativo del Parlamento. Abbiamo avuto purtroppo nella storia della magistratura italiana giudici impuniti che hanno suggerito al Pubblico Ministero di turno una diversa formulazione della richiesta di arresto, con riferimenti ad altri  articoli del codice, per potervi accedere. Di quale giudice “terzo” parliamo dopo questi casi?

Chiunque abbia avuto possibilità di parlare con Craxi, prima e dopo la decisione di rifugiarsi nella sua residenza estiva e arcinota di Hammamet per sottrarsi alla prospettiva ormai sicura delle manette in patria, può ricordare e testimoniare dell’uso ch’egli faceva dell’immagine del passacarte, appunto, per commentare le condizioni nelle quali era stato ridotto il Parlamento italiano all’epoca di “Mani pulite”. Condizioni di cui egli dava la colpa non solo ai partiti, ormai intimiditi dalle azioni giudiziarie e alla ricerca di benevolenze nelle Procure con atteggiamenti di obbedienza ad oltranza, ma anche o soprattutto ai troppo silenti presidenti delle Camere e al capo dello Stato. Che allora era Oscar Luigi Scalfaro, spintosi una volta a minacciare addirittura lo scioglimento anticipato della Camera che aveva osato sfidare i magistrati respingendo la richiesta di arrestare l’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo. Che finì in carcere solo alla scadenza del suo mandato parlamentare.

Proprio Scalfaro, con gli allora presidenti delle Camere Giorgio Napolitano e Giovanni Spadolini, fu inserito da Craxi nella serie di litografie al curaro sui “bugiardi ed extraterrestri”. Ma a Spadolini – non Spazzolini, come il computer si ostina ogni tanto a tradurre – Craxi concesse di non riprodurne l’immagine. Egli ricorse ad un manifesto anonimo listato a lutto, essendo ormai morto l’ex presidente del Senato, che era stato, fra l’altro, anche il suo scomodissimo ministro della Difesa negli anni Ottanta, dimessosi per protesta proprio contro di lui per la gestione della vicenda del sequestro della motonave Achille Lauro, sequestrata dai palestinesi con un’operazione che costò la vita ad un turista ebreo di nazionalità americana.

Anche Renzi ha mostrato, di fronte alle polemiche per il mancato arresto del senatore Azzolllini, un certo fastidio per il silenzio dei presidenti delle Camere, ai quali ha infatti ricordato, rispondendo alle domande dei giornalisti, che “tocca a loro”, prima ancora che al governo, “la difesa dell’autonomia  del Parlamento”.

Particolarmente assordante, a questo proposito, deve essere apparso a Renzi il silenzio del presidente proprio del Senato, Pietro Grasso, magistrato di lunghissimo corso, voluto al vertice di Palazzo Madama dall’allora segretario del Partito Democratico Pier Luigi Bersani proprio per i suoi trascorsi giudiziari.


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