Chi si è stupito del crollo del 16% della Borsa di Atene il primo giorno di riapertura dei listini dopo cinque settimane di serrata dei mercati e poco meno degli sportelli bancari, dovrebbe gridare al miracolo: è già tanto che non si sia dimezzato il valore delle azioni e non è detto che questo non accada nelle prossime sedute, visto che da inizio anno il calo complessivo è circa del 20% e che i titoli dei maggiori gruppi bancari sono colpiti da perdite fortissime.
Un paese sprofondato nella recessione che di fatto viene tenuto in vita con le iniezioni di liquidità della Banca centrale europea, i prestiti ponte e una nuova maxi-emissione di prestiti per 86 miliardi di euro (più 25 almeno per gli istituti di credito) pur di restare nel consesso dell’euro a fronte di nuovi sacrifici, non può che avere un movimento ribassista sui listini.
Il problema vero è che la Grexit è stata solo rimandata, se non ci saranno le condizioni per far ripartire l’economia ellenica. Alla fine l’opzione Schauble, drammaticamente messa sul tavolo nell’Eurosummit di metà luglio subito dopo il referendum greco, potrebbe essere l’unica soluzione. E il perché è stato spiegato molto chiaramente, non in un meeting riservato, ma direttamente in un seminario pubblico, da chi prende le decisioni.
Il direttore generale per la Comunicazione della Bundesbank, Michael Best, di recente a Roma per partecipare ad un convegno, ha infatti rilevato che nel Consiglio direttivo della Bce, di cui fa parte anche il Presidente della Bundesbank Jens Weidmann, regna il consenso per quanto riguarda una questione fondamentale: la politica monetaria ‘’da sola non è in grado di superare la crisi, e non può creare crescita economica come per magia’’. L’Eurotower può dunque sicuramente spargere l’humus favorevole alla crescita grazie ai bassi interessi e alla riduzione degli spread, può fare guadagnare tempo, ma è la politica economica che alla fine deve coltivare il terreno sul quale crescerà il germoglio della politica monetaria. ‘’La Banca centrale europea e le sue consorelle non sono gli unici giocatori in campo’’, anche se per necessità e per assenza delle diplomazie comunitarie, spesso Francoforte si è assunta giustamente il ruolo di arbitro. Altrimenti, dal 2012, non si sa come si sarebbe potuta arrestare la crisi dei debiti sovrani.
Questo assunto di massima va letto in controluce proprio oggi, nel momento in cui regna una calma relativa sui mercati e risultano fondamentali le prese di posizione dell’istituto centrale tedesco su due snodi cruciali di questi mesi: il Quantitative Easing e il nuovo piano di salvataggio della Grecia. Se è evidente da tempo che la Germania è scettica sul piano di riacquisto dei titoli di Stato lanciato a marzo da Mario Draghi, è bene fissarsi nella memoria quest’altro passaggio, sempre di fonte Bundesbank: ‘’Quando gli Stati possono contare sul fatto che l’Eurosistema limita l’onere dei loro interessi comprando titoli di Stato, ciò rischia di aumentare ulteriormente l’incentivo all’indebitamento degli Stati, che poi non devono più farsi carico da soli della responsabilità per le conseguenze di una politica finanziaria ed economica fallimentare’’.
Proprio la crisi dell’euro ha però messo in evidenza quello che succede quando si viola il principio della responsabilità individuale per un tempo prolungato: i bilanci nazionali finiscono fuori controllo e la competitività dell’economia ne risente. L’acquisto di titolo di Stato, nell’ottica tedesca, prima attraverso il programma Omt e poi con il QE, può dunque scoraggiare le riforme in alcuni Paesi europei, perché tali acquisti tendenzialmente possono contribuire a ridurre i costi di finanziamento degli stati che si limiteranno a curare solo ‘’i sintomi’’ e non le cause dei problemi. Questo significa che sarà molto difficile ottenere un prolungamento del programma-bazooka della Bce oltre il 2016 e che entro il prossimo anno tutti i paesi dovranno attrezzarsi per agganciare con le loro forze l’auspicabile ripresa economica.
Ma è sulla possibile Grexit che bisogna stare oltremodo attenti. L’uscita dalla moneta unica della repubblica ellenica non è affatto scongiurata. Sempre per il Dg della Bundesbank, ‘’il governo Tsipras si è rifiutato di approntare riforme per stimolare la crescita su responsabilità propria, e con la sua politica ha invece peggiorato drasticamente la situazione economica della Grecia spingendo le imprese alla rovina e le persone nella povertà’’. Si badi bene, è una posizione confutabile, ma è la ‘’posizione’’ di una delle più importanti e autorevoli banche centrali nazionali dell’Unione, da cui non si può prescindere. Le trattive tra la quadriga (Bce, Fmi, Esm e Ue) e Atene per il programma supplementare di aiuti da 86 miliardi di euro, al quale va aggiunto il decisivo apporto di almeno altri 25 miliardi di euro per la ricapitalizzazione delle banche che continuano a cadere rovinosamente in borsa, è appeso ad un filo molto esile di rispetto dei Trattati. Sempre secondo Weidmann, i contribuenti italiani o tedeschi probabilmente non si potranno aspettare che la Grecia paghi degli interessi adeguati sui crediti concessi e che li estingua nei prossimi anni. Gli interessi saranno presumibilmente dilazionati e il rimborso spalmato su svariati decenni. Difficile dargli torto: lo sanno tutti, ma nascondono la testa nella sabbia, da Jean-Claude Juncker a Francois Hollande. Come peraltro sono consapevoli che il programma di aiuti prospettato rischia di violare i principi di base dell’Unione Monetaria, in quanto il finto prestito potrebbe nascondere sotto la semplice veste di aiuti finanziari temporanei un mero trasferimento di denaro.
Ecco perché, se le trattative andranno per le lunghe e la Grecia continuerà a necessitare dei soldi degli altri per mandare avanti la macchina statale fuori controllo, auspicare un necessario taglio del debito da oltre 300 miliardi di euro significherà, almeno per Berlino, una cosa sola: l’uscita, temporanea o meno, della repubblica mediterranea dall’euro. Esattamente quanto proposto dal falco ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble. L’alto dirigente della Bundesbank sul punto non ha espresso dubbi. ‘’Siamo un’Unione Monetaria di Stati sovrani. La sovranità implica anche che ogni stato membro prenda decisioni responsabili in ogni momento affinché l’Unione Monetaria trovi il proprio equilibro interno, affinché tutti gli stati costituiscano le fondamenta di questa casa comune, che solo allora sarà stabile in modo duraturo. La Germania, la Francia e l’Italia sono le maggiori economie dell’area dell’euro. Non possiamo permetterci di avere una Germania debole, una Francia debole e neanche un’Italia debole. Sono gli stati più grandi che devono fungere da esempio, dovremo impegnarci’’. Un messaggio chiaro.
Nell’ottica della cancelliera Merkel, fresca ricandidata per le elezioni del 2017, il cammino dell’Europa non potrà perciò che essere uno solo: ancora compiti a casa per i grandi paesi e fuori dalla moneta unica chi non rispetta i suoi impegni e ripudia il debito pubblico facendosi scudo della Bce e dell’Ue.