Cristiani perseguitati e tragedie dell’immigrazione. Sono questi i due temi affrontati ieri dal Papa dopo la preghiera dell’Angelus, recitata come di consueto in piazza San Pietro alle 12. Francesco, ancora una volta, ha usato parole forti per scuotere la comunità internazionale, affinché faccia qualcosa per sanare queste due piaghe.
LE PAROLE SUI CRISTIANI PERSEGUITATI
Partendo dalla beatificazione del vescovo siro-cattolico martire Flaviano Michele Melki, avvenuta sabato ad Harissa, in Libano, il Pontefice ha osservato che “anche oggi in medio oriente e in altre parti del mondo, i cristiani sono perseguitati. Ci sono più martiri che non nei primi secoli”, ha aggiunto Francesco ripetendo quando ebbe a dire lo scorso Lunedì dell’Angelus, facendo eco a quanto già messo in evidenza durante il messaggio Urbi et Orbi di Pasqua.
“LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE PONGA FINE ALLE VIOLENZE”
Ad aprile, infatti, il Papa affermò che “i cristiani perseguitati nel mondo sono i nostri martiri di oggi e sono tanti, possiamo dire che siano più numerosi che i primi secoli”. Da questa constatazione, Bergoglio proseguiva auspicando che “la comunità internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari. Auspisco – aveva aggiunto – che la comunità internazionale non volga lo sguardo da un’altra parte”. Messaggio pressoché identico a quello di ieri: “La beatificazione di questo vescovo martire infonda in loro consolazione, coraggio e speranza, ma sia anche di stimolo ai legislatori e ai governanti perché ovunque sia assicurata la libertà religiosa. E alla comunità internazionale chiedo di fare qualcosa perché si ponga fine alle violenze e ai soprusi”.
“IMPEDIRE CRIMINI CONTRO I MIGRANTI”
Ma è sulla questione dell’immigrazione che il Papa ha usato parole ancor più dure. Prendendo spunto da quanto accaduto in Austria, con il ritrovamento di un tir entro cui giacevano i corpi di settantuno migranti morti asfissiati, Francesco ha invocato l’aiuto divino per “aiutarci a cooperare con efficacia per impedire questi crimini, che offendono l’intera famiglia umana”. Detto ciò, ha chiesto alle migliaia di presenti in piazza di fermarsi a pregare in silenzio per qualche istante.
L’ATTESA PER L’INTERVENTO AL CONGRESSO E ALL’ONU
Per il Pontefice, si tratta di un tema centrale, tant’è che ne parlerà a settembre nel suo intervento al Congresso americano e all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La notizia l’ha data ieri Eugenio Scalfari su Repubblica, che venerdì scorso ha avuto un lungo colloquio telefonico con il Papa. “ll suo appello al Congresso americano e a tutte le potenze che rappresentano il cardine dell’Onu e quindi del mondo intero, verterà necessariamente su un altro aspetto fondamentale delle migrazioni: una conquista di libertà dei migranti che avviene, per cominciare, nei luoghi stessi dove ancora risiedono e dai quali vorrebbero fuggire. È lì, proprio in quei luoghi, che il diritto di libertà va riconosciuto, oppure nelle loro adiacenze, creando se necessario libere comunità da installare in aggregati che esse stesse avranno costruito e amministreranno con l’aiuto di centinaia o migliaia di volontari che le assisteranno con una serie di servizi e con un’educazione allo stesso tempo civica e professionale”, ha scritto Scalfari.
“NON DOBBIAMO DIVIDERCI NE’ POLEMIZZARE”, DICE PAROLIN
Che le due questioni siano strettamente connesse l’ha spiegato anche il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ai microfoni del Tg2000, il telegiornale di Tv2000, a margine di una visita al policlinico romano “Agostino Gemelli”. L’importante, ha chiarito Parolin, “è la collaborazione di tutti. Non dobbiamo dividerci, non dobbiamo polemizzare, dobbiamo unirci consapevoli dei nostri limiti e dell’entità del fenomeno, della difficoltà di dare una risposta e insieme cercare le soluzioni possibili”. Questo – ha detto ancora il segretario di Stato – “è un atteggiamento metodologico, ma è l’unica via per arrivare a trovare delle risposte di fronte a queste tragedie che ci lasciano veramente allibiti. Che possa succedere questo nei nostri giorni è qualcosa d’incredibile”.
RADDOPPIARE GLI SFORZI PER LA SIRIA
Parolin, senza sbraitare, ha sottolineato come il problema sia “veramente complesso, dobbiamo essere consapevoli di questo. Probabilmente nessuno ha la soluzione a portata di mano perché ci sono tante cause che concorrono a questo fenomeno e ci sono anche tante soluzioni che possono essere realizzate subito e altre che richiedono più tempo”. Il problema, o almeno uno dei problemi, è la Siria, dove la gente “fugge da una guerra crudelissima che dura da tanti anni senza che ci siano prospettive di soluzione. Lì bisogna raddoppiare e moltiplicare gli sforzi. Mi spiace che sulla situazione della Siria, come in tante altre situazioni, c’è sempre la tendenza di dimenticare, diventano malattie croniche di cui nessuno più si occupa a meno che non ci siano fiammate particolari”.