È un verdetto agrodolce quello che proviene oggi da Amburgo, dove il Tribunale del diritto del mare si è espresso su alcuni aspetti del controverso caso dei due marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. I giudici hanno accolto infatti solo in parte le richieste avanzate da Roma, aprendo ad ogni modo nuovi scenari per la vicenda.
LA SENTENZA
Da un lato la sentenza contiene alcuni aspetti positivi, perché di fatto obbliga la Corte suprema indiana a fermarsi, disponendo che l’India e l’Italia debbano astenersi “dall’esercizio di qualsiasi forma di giurisdizione sui due Fucilieri di Marina, nell’attesa di una determinazione definitiva del caso da parte della Corte arbitrale, che è in via di costituzione”. Parole che, in pratica, riconoscono che la competenza sulla vicenda non appartiene ai singoli Stati, bensì alla corte arbitrale internazionale.
IL LATO NEGATIVO
Ma affianco al sollievo c’è spazio anche per il disappunto. Gli stessi giudici, sempre con una maggioranza di quindici contro sei, non hanno infatti accolto la richiesta italiana di far rientrare in Italia Girone e di confermare la permanenza di Latorre nella Penisola, dove si trova per malattia, chiedendo inoltre a breve un nuovo rapporto in proposito da parte dei due Paesi.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
La ragione della scelta del Tribunale, illustrata nella sentenza, risiede “nella necessità di preservare i diritti delle parti”. Il Tribunale del mare passa ora la palla alla Corte arbitrale dell’Aja a cui spetta invece “la sentenza nel merito”. Ma cosa significa questo?
COSA SIGNIFICA
Natalino Ronzitti, professore di Diritto internazionale (Luiss Guido Carli) e consigliere scientifico dello Iai, sentito da Panorama, spiega che “il Tribunale internazionale del diritto del mare è una giurisdizione permanente; la Corte arbitrale, prevista dall’Annesso VII alla Convenzione del diritto del mare, è una struttura che deve essere costituita all’occorrenza. La Convenzione autorizza uno Stato in causa a chiedere misure provvisorie in attesa del pronunciamento della Corte, la cui costituzione deve avvenire in tempi precostituiti, sufficientemente spediti. Ma la pronuncia definitiva non è rapida e può richiedere anche due-tre anni. E si badi bene che la Corte arbitrale non dovrà pronunciarsi sulla colpevolezza o innocenza dei due marò, ma su chi ha titolo di giurisdizione per giudicarli: Italia o India”. L’iter è dunque ancora lungo e potenzialmente pieno di ostacoli.
LE PAROLE DI GENTILONI
Ma nonostante le critiche piovute dall’opposizione, che accusa il governo di non fare abbastanza per tutelare i due fucilieri, per il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni la decisione odierna è “per l’Italia un risultato utile”. Dal Meeting di Comunione e liberazione che si tiene in queste ore a Rimini, il titolare della Farnesina ha commentatola sentenza, sottolineando che seppur non si possa fare salti di gioia, questa “ha stabilito in forma definitiva il principio molto importante che non sarà la giustizia indiana a gestire la vicenda dei marò, ma l’arbitrato internazionale”.