Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Edoardo Narduzzi apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi
Cast e format sono già pronti. A settembre Roma battezzerà il primo reality dove i concorrenti dovranno sopravvivere in corridoi iper affollati dei pronti soccorso, raccogliendo l’immondizia o spostandosi con i mezzi pubblici. «La città dei famosi» farà rumore a livello planetario inquadrando, con il giusto cinismo, ex calciatori o cantanti vintage mentre rovistano nei cassonetti dell’Ama o provano a non morire guidando un motorino tra le buche della capitale.
Roma è già fallita. La sentenza è già stata emessa e le responsabilità vengono da lontano, dalla incapacità della classe dirigente locale di saper individuare e portare avanti un modello di sviluppo sostenibile senza il continuo sostegno dei Btp altrui. Cioè senza i rifinanziamenti a piè di lista del bilancio nazionale. Ignazio Marino è arrivato quando la nave era già non più salvabile, al massimo se ne poteva ritardare il naufragio.
Per capire l’incapacità esecutiva della politica romana si deve fare un viaggio nelle infrastrutture della sua annunciata modernità industriale. Imboccare da Piazzale del Verano la Tiburtina, la consolare che porta alla Tiburtina Valley, un’arteria per la quale i lavori per il raddoppio della carreggiata sono iniziati ai tempi della giunta Veltroni e non sono ancora finiti. Qui si trovano gran parte delle imprese dell’informatica, dell’elettronica, dell’aerospazio, della difesa della capitale.
Qui ai tempi della giunta Rutelli, cioè venti anni fa, venne lanciato il progetto Tecnopolo Tiburtino, il più grande parco tecnologico italiano con i suoi 70 ettari. I giornalisti del NYT o della stampa straniera dovrebbero farci un giro per scoprire cosa significa avere una capitale di un paese del G7 senza una adeguata dirigenza politica.
Dopo 20 anni il Tecnopolo è una sorta di bidonville africana con lamiere divelte e arrugginite che delimitano la grande buca centrale scavata un decennio fa dalle ruspe della Camera di commercio per realizzare un centro direzionale mai nato.
Una fotografia a cielo aperto del perché Roma non ha un vero modello di sviluppo e perché, come documentato dalle ricerche di Daniele Fichera, nell’ultimo decennio ha perso l’8,3% degli occupati in Ict e il 9,3% nella finanza mentre sono cresciuti, +75%, solo i servizi a basso valore aggiunto: vigilanza, pulizie, mense.
Il default dell’economia di Roma è già nei numeri ed è figlio di venti anni di politiche sbagliate che hanno creato il debito locale più importante di Italia facendo crescere solo posti di lavoro a bassa remunerazione. Quelli più facilmente assegnabili senza gare da Comune e Regione. Ma la campagna elettorale è già iniziata.
Il M5S si prepara a occupare la Regione Lazio con i comitati per l’acqua pubblica. Una sorta di «Occupy Acea» alla quale vorrebbero togliere, con il supporto di parte del Pd, la gestione in monopolio dell’acqua romana. Anche da città eterna fallita Roma sa offrire grandi spettacoli.