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Che cosa è successo alla strategia social di Google?

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Google è un gigante che domina interi settori dell’economia digitale, ma creare un social network capace di rivaleggiare con Facebook sembra l’unica impresa che non gli riesce. Il servizio Google Plus viene ora per l’ennesima volta “rilanciato”, ma da tempo molti osservatori parlano di “fallimento”.

“FACEBOOK CI UCCIDERA'”

L’idea del social network targato Big G è di Vic Gundotra, senior vice presidente delle iniziative social di Google fino al 2014, che convinse il co-fondatore Larry Page a inserire Google Plus tra le strategie prioritarie dell’azienda. “Vic non faceva che ripetere a Larry: ‘Facebook ci ucciderà, Facebook ci ucciderà'”, rivela un ex manager di Google. “Sono sicuro che alla fine Vic sia riuscito a spaventare Larry e a spingerlo ad agire. Ed ecco come è nato Google Plus“.

Era il 2010 e Google non sembrava certo correre il rischio di essere mandata fuori attività da qualche altra azienda, tra il consolidato dominio nella ricerca Internet e il nuovo dominio nei sistemi mobili (Android). Google aveva già avviato il progetto Maps, l’indicizzazione dei libri e iniziato a lavorare sulle auto senza conducente. Ma Gundotra e il suo team temevano l’ascesa di Facebook e la sua capacità di sottrarre utenti, inserzionisti e anche cervelli a Google. Big G si è affrettata a lanciare il suo social, presentandolo come “la piattaforma per il real life sharing”.

FALLIMENTI SOCIAL

Tuttavia il social network non sembra essere nelle corde di Mountain View. L’elenco dei progetti falliti di Google in questo campo comprende Orkut, lanciato nel 2004 con l’idea di creare una community e poi chiuso dopo dieci anni di insuccessi per evitare sovrapposizioni con Google Plus; la piattaforma Reader, un aggregatore di news lanciato nel 2005 e pensionato nel 2013; Wave, piattaforma di comunicazione creata nel 2009 per unire in un unico strumento varie forme di comunicazione, durata solo un anno; e Buzz, altro social network costruito intorno a Gmail rapidamente imploso nel 2010 anche per una causa intentata dalla Ftc sulle violazione delle politiche sulla privacy.

Mentre Google inciampava sui suoi vari progetti social, Facebook cresceva sempre di più. Nel 2010, la società fondata da Mark Zuckerberg era già valutata 14 miliardi di dollari e sfiorava 500 milioni di utenti – veri utenti, con nomi, date, numeri, foto, fatti. Google era una società molto più grande, con una capitalizzazione di mercato di quasi 200 miliardi di dollari, ma i cui servizi social mancavano di utenti e anche gli iscritti erano dei “fantasmi”: si registravano ma usavano poco i servizi di Big G. A Google mancavano tutti i dati che Facebook stava rapidamente collezionando. Intanto Zuckerberg attraeva nella sua azienda anche talenti di Google – come Paul Adams, ex membro del Google Plus user experience team che è andato per un periodo a lavorare per Facebook.

DOVE HA FALLITO GOOGLE

Secondo Mashable, Google Plus è ormai sul viale del tramonto. Questo è accaduto perché il colosso Google si è dovuto misurare con una società – Facebook – più piccola e agile. Ha cercato di innovare in un settore in cui si sentiva minacciato in modo goffo e poco organizzato. “Il progetto Google Plus ha portato alla creazione di nuovi servizi interessanti e di una user identity omogenea che beneficia Google, ma il social network non può battere i rivali”, nota Punit Soni, ex Google product manager che ha lavorato su Plus e ora è chief product officer di Flipkart. Oggi Facebook ha 1,4 miliardi di iscritti e una capitalizzazione di mercato che è più della metà di Google. Continua a sottrarre a Mountain View talenti e, insieme a Twitter, anche entrate pubblicitarie.

L’ironia è che teoricamente gli utenti di Google Plus sono molti di più di quelli di Facebook (non esistono calcoli del tutto affidabili, ma qualcuno parla di 2,2 miliardi di iscritti). Ma questi utenti non sono molto attivi: alcuni stimano che solo il 9% usi veramente Plus.

Il principale problema di Google Plus, ha detto un ex manager Google a Business Insider, è che non si differenzia molto da Facebook: è arrivato tardi sul mercato e non ha trovato una sua formula originale. “Entrare nell’account Google Plus permetteva di accedere a tutti i prodotti di Google, questo poteva essere utile”, commenta un altro dipendente di Google che ha parlato a condizione di restare anonimo. “Ma la social experience di Plus non è semplice come quella di Facebook o LinkedIn. Le persone devono mettersi a pensare a chi vogliono far entrare nel loro cerchio di amici, anziché mandare richieste di amicizia o contatto come su Facebook e LinkedIn”. Un altro insider di Google pensa che Google non sia mossa abbastanza rapidamente per portare Plus su mobile: si è focalizzata sulle foto ad alta risoluzione e questo va bene per i computer ma molto meno per gli smartphone. Anche l’abbandono di Vic Gundotra è stato un colpo per Plus. Dopo aver creato e sostenuto il social, il Chief architect l’anno scorso ha lasciato improvvisamente l’azienda senza un “piano di successione”.

IL RILANCIO

Google non ha però intenzione di “uccidere” anche Plus, non almeno senza aver tentato un’ultima manovra di rianimazione. L’idea del resto è semplice: con tutti gli utenti che hanno i suoi altri servizi – ricerca, Gmail, YouTube, mappe – perché non unire alla Google experience anche uno strumento social?

La strategia però è completamente cambiata. A inizio anno Google ha cominciato a “scorporare” le funzionalità più popolari del suo servizio, ovvero Photos ed Hangouts, che ora si possono usare senza essere registrati a Google Plus. Nei giorni scorsi ha poi spiegato come intende trasformare Plus: si elimina la precedente caratteristica di prodotto necessario agli utenti per condividere e usare gli altri prodotti di Google (nessuno vuole sentirsi “obbligato” ad avere Plus per usare gli altri servizi Google) mentre ci si concentrerà su Google Plus come “strumento che aiuta gli utenti a connettersi con gli interessi che amano”, come ha spiegato il nuovo capo del social di Google, Bradley Horowitz.

“Abbiamo capito che la precedente strategia ha portato ad alcune esperienze del prodotto che confondevano l’utente. Per esempio, l’integrazione con YouTube implicava che per lasciare un commento su YouTube – cosa che tutti amano fare – occorreva essere utenti di Google Plus. Ora abbiamo deciso di rimediare a questa confusione, non solo su YouTube ma su tutta la user experience di Google. Aboliamo l’idea che essere iscritti a Google Plus sia necessario per usare i servizi di Google: no, serve solo per usare Google Plus”, chiarisce Horowitz. “Libero dal concetto che deve per forza integrarsi con gli altri prodotti di Google, Google Plus può ora concentrarsi a fare ciò che già fa molto bene: aiutare milioni di utenti in tutto il mondo a connettersi intorno agli interessi che amano. Google Plus sarà snellito e, al tempo stesso, migliorato con nuove funzionalità che abbiamo già integrato e altre che incorporeremo nei prossimi mesi”.

PROSSIMA MOSSA: COMPRARE TWITTER?

“Google crede nella sua strategia social e non chiuderà Plus, non nell’immediato futuro”, commenta Marketing Land. “Ma dagli errori passati ha sicuramente imparato una lezione: deve fare un social come piace agli utenti”.

Ma se neanche il “rilancio” funziona? Secondo Forbes, per Google è troppo importante essere presente nel campo dei social network (ci ha anche speso tempo e denaro) per rinunciarvi per sempre. Google Plus potrà fallire ma le motivazioni che hanno portato alla sua creazione restano, perciò se Plus alla fine sarà chiuso Google potrebbe decidere di comprarsi un social network già “bello e fatto”: Twitter. “Google non ha creato un servizio social solo per fare concorrenza a Facebook”, scrive Forbes, “ma per rendere se stessa più forte: i dati di un social permettono a Google di conoscere e seguire il comportamento in tempo reale degli utenti e questo aiuta l’azienda ad affinare i suoi algoritmi di ricerca e quelli per la pubblicità, che sono alla base del suo business”.



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