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Tutte le similitudini tra Roma e Regione Sicilia

Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo l’articolo di Carlo Valentini apparso sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.

Sono i due buchi neri della finanza pubblica. Il Comune di Roma e la Regione Sicilia hanno bilanci da default.

Matteo Renzi raschia il barile e interviene sulla sanità per cercare i fondi per limare il peso dell’imposizione fiscale ma il nodo sta altrove, nei bilanci fuori controllo e quindi nelle risorse pubbliche che vengono dilapidate come se lo status di Capitale o di Regione a statuto speciale fossero lasciapassare per ogni nefandezza economica. In questi buchi neri scompaiono risorse che potrebbero essere destinate allo sviluppo del Paese e quindi a un benessere generalizzato che al contrario viene tarpato da un assistenzialismo illogico, dallo sperpero becero, dalla corruzione.

Secondo uno studio di Ernst&Young, il Comune di Roma (25 mila dipendenti) registra un disavanzo strutturale annuo pari a 1,2 miliardi, riconducibili prevalentemente alla longa manus delle società controllate. Le tre principali, Acea (energia e acqua), Ama (rifiuti) e Atac (trasporti) hanno 31.338 dipendenti, più della Fiat. In un solo anno, nel 2009, all’Atac sono state assunte 11 mila (!) persone, col costo del personale schizzato a 576,5 milioni di euro e l’indebitamento passato da 174 a 345 milioni di euro. Il governo valutò in quegli anni in 20 miliardi l’erogazione necessaria per colmare il disavanzo complessivo.

Non va meglio in Sicilia. L’ultima relazione della Corte dei conti, depositata il 3 luglio 2015, rileva che a libro paga ci sono 27 mila dipendenti, compresi gli esternalizzati e i 7 mila delle società partecipate. Per pagare gli stipendi la Regione ha accumulato 15 mutui, un prestito obbligazionario e due anticipazioni di durata trentennale che hanno fatto crescere il suo debito del 32,53%. Il rosso della Sicilia varia tra gli 8 e i 10 miliardi, neppure gli uffici preposti sanno valutarlo con certezza.

Secondo il rapporto Confcommercio se tutte le regioni iniziassero a rivedere le spese-spreco sarebbe possibile risparmiare ogni anno oltre 82 miliardi di euro. Renzi non si trinceri dietro le mani legate. Se davvero vuole abbassare le tasse senza sfasciare l’Italia deve partire da qui.

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