La riforma della scuola approvata dalla Camera dei deputati il 9 luglio è entrata nel vivo. Valigia in mano, e questa volta non più per protesta, 7 mila insegnanti si stanno spostando dal Sud verso il Centro-Nord per occupare tra pochi giorni l’ambita cattedra.
Una mobilità che il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha definito fisiologica: “È al Nord che ci sono più posti disponibili e al Sud docenti abilitati nelle discipline che occorrono”, ha spiegato Giannini illustrando mercoledì al Miur, in conferenza stampa, le linee guida del piano straordinario di assunzioni previsto dal governo nella “Buona Scuola”.
LE ASSUNZIONI
“Ad oggi abbiamo assunto 38 mila insegnanti: 29 mila ad agosto e 9 mila stanotte – ha detto Giannini -. 31 mila resteranno a casa loro. Duemila vedranno una mobilità ridotta. Per settemila faremo i contratti in mobilità più ampia. Poi ci sarà un altro blocco di assunzioni (si tratta della fase C che prevede l’immissione in ruolo di altri 55 mila insegnanti, ndr), che verranno giuridicamente effettuate entro settembre, anche se i docenti saranno effettivamente in classe a novembre”.
Ma sul tema la tensione tra parti sociali, sindacati e forze politiche rimane alta.
Sull’ultimo numero del quindicinale dei gesuiti “La Civiltà Cattolica”, in uscita domani, padre Francesco Occhetta ripercorre le tappe principali della gestazione della riforma della scuola, esamina i punti salienti e si interroga su luci, ombre ed omissioni di una delle priorità del governo Renzi.
OBIETTIVI DELLA BUONA SCUOLA
Nata con l’obiettivo di ristabilire la centralità della scuola, la riforma del governo prevede che vengano investiti nella scuola 3 miliardi di euro e assunti 102.700 insegnanti precari. Tra le novità elencate da Occhetta c’è anche il rafforzamento dei poteri dei dirigenti scolastici, l’alternanza scuola-lavoro per gli studenti, la formazione degli insegnati e le detrazioni per le famiglie: “La riforma approvata pone al centro la figura del preside, che potrà scegliere i docenti rendendo pubblici i criteri adottati. L’autonomia scolastica permetterà di avere docenti senza una loro classe da impiegare per supplenze e di modificare il 30% del monte ore per potenziare le materie – per esempio, l’inglese o l’arte – su cui l’istituto vuole caratterizzare la sua offerta formativa”, si legge nel saggio del gesuita.
Ecco le novità che riguarderanno da vicino gli insegnanti: “Ai docenti verrà data una card di 500 euro l’anno da spendere per ‘consumi culturali’, ma la riforma prevede una debole ‘formazione comunitaria’ in servizio tra i docenti. Entro il 1° dicembre dell’anno corrente è previsto un concorso per insegnanti; potranno accedervi i precari che non rientrano nei 100.000 nuovi assunti, ma di questi verranno assunti circa 60.000 docenti. I precari che non riusciranno ad accedervi formeranno una fascia di esodati, che dovrebbero iniziare di nuovo percorsi di formazione per partecipare ai nuovi futuri concorsi, altrimenti verranno espulsi dal sistema”.
LUCI
Occhetta riserva ampio spazio alle possibilità offerte agli studenti di relazionarsi con il mondo del lavoro: “Davvero qualificante è la scommessa della riforma con il mondo del lavoro e con il territorio: l’alternanza prevede 400 ore di stage in aziende o enti pubblici per gli studenti degli istituti tecnici o professionali; per i liceali sono previste 200 ore facoltative di stage”.
Il gesuita ricorda inoltre che sarà possibile usufruire di una detrazione di “400 euro per la famiglia che iscrive il proprio figlio in una scuola paritaria, mentre i fondi che la riforma stanzia per il funzionamento delle scuole (da 111 a 200 milioni di euro) garantiranno le spese correnti per comprare carta, toner, il necessario per i bagni, costi ancora a carico di contributi volontari delle famiglie”.
OMBRE
Ma oltre al tema delle assunzioni, per Occhetta una riforma davvero strutturale per una buona scuola, “avrebbe dovuto includere anche la riflessione sul cosa e come educare”. Ma cosa è successo rispetto alla intenzioni iniziali? Occhetta parla di un passo indietro, e per spiegarlo ricorre alle parole di uno studente, Gioele Anni, segretario del Msac (Movimento Studenti di Azione Cattolica), che ha partecipato a un’audizione al Senato: “Si era partiti con una grossa consultazione, con l’idea di coinvolgere il mondo della scuola a tutti i livelli. Poi i passaggi sono saltati e le associazioni non sono state coinvolte nell’individuazione di una mission condivisa. Tutto si è risolto in una stabilizzazione degli insegnanti, che comunque andrà monitorata. Ma il dibattito sulle competenze e su come si formano i cittadini di domani non c’è stato”.
Tra le posizioni critiche nei confronti della riforma di Renzi Occhetta riporta quella del presidente della fondazione Agnelli, Andrea Gavosto, resa nota in parte su questo sito, secondo cui “La Buona Scuola” poggerebbe su una “logica capovolta”, fondata su due premesse false. Ovvero “che assumendo subito tutti e solo i docenti delle Gae (graduatorie a esaurimento) si sarebbe risolto il problema del precariato, e che queste assunzioni sarebbero state adeguate a soddisfare — per ogni materia e in ogni area d’Italia — la domanda di insegnamento che viene dalle scuole”, ha commentato Gavosto.
A questo Occhetta aggiunge alcune “omissioni” nel provvedimento del governo come “la riforma dei cicli scolastici, i ragazzi italiani escono a 19 anni, mentre in diversi altri Paesi dentro e fuori l’Europa la soglia è di 18 anni —, oppure omissioni di tipo strutturale legate ai costi del sistema scolastico, agli insuccessi scolastici e all’accesso alla scuola per gli studenti più poveri”.
IL GIUDIZIO DELLA CEI
Un plauso alla riforma giunge invece dai vertici della Conferenza Episcopale Italiana. “Il Segretario della Cei, mons. Nunzio Galantino, la ritiene ‘un passo in avanti’ ed esprime il suo ‘plauso’ alla circolare del ministero dell’Istruzione il quale precisa che i progetti formativi debbono essere sottoposti all’attenzione delle famiglie con i piani di offerta formativa. Anche il presidente della Cei, il card. Angelo Bagnasco, ha ribadito che «con il Papa diciamo no ad una scuola dell’indottrinamento, della “colonizzazione ideologica”. Diciamo sì alla scuola libera, libera non perché sganciata dal sistema scolastico nazionale, ma perché scelta dai genitori, primi e insostituibili educatori dei loro figli”, si legge sull’ultimo numero del quindicinale dei gesuiti.
“Per entrambi il riferimento è all’insegnamento del gender – ricorda Occhetta – una questione di scontro ideologico, più che antropologico, e sul diritto di scelta delle famiglie di iscrivere i loro figli alla scuola paritaria, ancora oggi molto penalizzata nei finanziamenti”.