Skip to main content

Controlli a distanza con il Jobs Act? Strepitii sindacali senza senso

La capacità della nostra vecchia sinistra politica e sindacale di perdere la testa (e la credibilità) sui temi del lavoro è sempre più stupefacente.

Per un quarto di secolo in Italia si sono utilizzati pacificamente, quasi sempre senza alcun accordo sindacale preventivo, i cellulari aziendali, i pc collegati alla rete aziendale, poi il GPS sulle auto aziendali: strumenti tutti ai quali dovrebbe applicarsi l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, che ne imporrebbe – caso unico al mondo – la contrattazione con le rappresentanze sindacali. E in questo stesso quarto di secolo non si è registrato neppure un caso di protesta da parte di un sindacato per l’omissione, né alcun caso giudiziale in proposito.

Ora il legislatore interviene per eliminare questa evidente incongruenza della norma di 45 anni fa con l’evoluzione tecnologica, conservando la disposizione originaria riferita agli impianti di videosorveglianza ma esentando dalla contrattazione preventiva gli strumenti comuni di lavoro come telefonini, pc, GPS, o tablet; e comunque ribadendo che anche nell’uso aziendale di questi deve sempre essere rispettato in ogni sua parte il Codice della privacy.

Apriti cielo: la vecchia sinistra politica, la Cgil e la Uil – rimaste per decenni in assoluto silenzio, quando avrebbero potuto esigere la contrattazione preventiva – si scatenano nella denuncia del Grande Fratello che d’ora in poi si attiverà in ogni luogo di lavoro attraverso questi strumenti.

Non tornerei sull’argomento se non fosse che sulla questione ora interviene anche (Corriere del 2 settembre scorso) Giuseppe Busia, Segretario generale del Garante per la Privacy – del tutto silente anch’esso sul tema specifico negli anni passati, quando avrebbe potuto esigere l’applicazione rigorosa dell’articolo 4 (e per fortuna non lo ha fatto) – denunciando che “sono proprio computer, tablet, e telefonini a consentire i controlli più pervasivi” in azienda; e invitando il Governo a valutare i “possibili” profili di incostituzionalità della nuova disposizione.

Se la nuova disposizione, che conferma una prassi pluridecennale di disapplicazione della vecchia, fosse davvero incostituzionale, non si spiegherebbe il pluridecennale silenzio del Garante per la Privacy sul punto. Se non lo è, il Garante farebbe meglio a impegnarsi nell’elaborazione di codici di buone pratiche – in questa materia, di problemi difficilmente risolvibili per legge con un taglio netto ce ne saranno sempre – evitando di accodarsi all’ennesimo “al lupo al lupo” dei Vendola, Camusso e Barbagallo.

Poi, volete scommettere che dal mese prossimo, passata questa occasione tutta politica, i controlli a distanza spariranno dai media per altri vent’anni?

(articolo tratto dal blog di Pietro Ichino)

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter