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Cyber security, che cosa teme Rogers per la Difesa Usa

Rogers

Che la strategia di difesa di Washington non prescinda più dalla tutela del suo spazio cibernetico è chiaro da tempo. La minaccia, viene spesso ripetuto in relazione all’aggressività cinese, è ritenuta vitale, come si evince nella National Security Strategy, presentata il 6 febbraio scorso alla Brookings Institution dal National Security Advisor, Susan Rice, e nella cyber strategy del Pentagono. Per questo, la Casa Bianca ha spiegato senza mezzi termini di voler fare del tema una priorità. Un concetto ribadito mercoledì durante l’illustrazione di un altro documento strategico, quello del Cyber Command, il comando di tutte le difese unificate contro i cyber attacchi, che vede a capo l’ammiraglio Michael Rogers (nella foto), numero uno della National Security Agency.

GUERRE ASIMMETRICHE

L’aveva già detto appena insediato a marzo scorso il segretario alla Difesa Ashton Carter: la miriade di hack sferrati in questi mesi ai danni di aziende e istituzioni statunitensi – Sony, grandi banche e di recente contro l’agenzia che si occupa del personale federale e il Joint Chiefs of Staff – ha reso chiaro, anche ai non addetti ai lavori, che il web rappresenta uno dei terreni più significativi delle nuove guerre asimmetriche e come tale va protetto.

LA STRATEGIA DEL CYBERCOM

Ora a metterlo nero su bianco è Rogers, che annunciando Beyond the Build: Delivering Outcomes Through Cyberspace – questo il nome del documento – ha rimarcato come, quando si parla di cyber sicurezza, la scommessa principale sia quella culturale sia per i cittadini sia per chi è chiamato a guidare i tumultuosi processi tecnologici ancora in atto. “La nostra sfida è quella di proteggere le cose che apprezziamo – la libertà, la prosperità, la proprietà intellettuale e le informazioni personali – senza ostacolare il libero flusso di informazioni che favorisce la crescita e il dinamismo intellettuale”.

L’ASPETTO OPERATIVO

Del resto, anche l’aspetto operativo del nuovo spazio cibernetico riveste un ruolo cruciale. Tutte le missioni militari e il personale sono oggi influenzati dal cyberspazio, che è un nuovo dominio di warfighting, come terra, mare, aria e spazio. A dare la spinta finale a un’evoluzione già iniziata c’è la nascita di una nuova agenzia voluta da Barack Obama – il Cyber threat intelligence integration center – nata con l’obiettivo di fondere le informazioni a disposizione degli apparati se ci si trovasse di fronte a una crisi. Spesso, Fbi, Nsa e Cia giungono tutte a conclusioni differenti. Il nuovo centro, invece, si comporterà come un polo centralizzato per condurre tutti a una soluzione unitaria. E ci sono poi i problemi recenti, in particolare la “sofisticata cyber intrusione” che ha colpito a luglio le email di circa 4mila dipendenti, civili e militari, del Joint Chiefs of Staff, ossia dello Stato maggiore congiunto, l’organo che riunisce i capi di Stato maggiore di ciascun ramo delle forze armate statunitensi. Uno schiaffo vero e proprio per Washington, dietro al quale, temono gli esperti, potrebbe esserci la mano russa. Per queste e altre ragioni, la visione del Cyber ​​Command sottolinea la necessità di integrare le operazioni cibernetiche in tutti i piani militari e di sviluppare “nuovi modi di difendere, lottare e di collaborare” in questo frangente, anche sul piano dell’intelligence.

IL RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO

Parte essenziale di questo processo è la relazione sempre più stretta tra pubblico e privato, che sta creando qualche malumore dalle parti della Silicon Valley. Nonostante ciò, questo aspetto viene considerato ineludibile “per scoraggiare, rilevare e rispondere agli attacchi, molti dei quali si verificano contro infrastrutture critiche in mani commerciali”. Un colpo ben assestato potrebbe creare grossi problemi (e enormi perdite economiche) agli Stati Uniti. E gli americani lo aspettano e lo temono, come ha detto ieri lo stesso ammiraglio in una conferenza al Woodrow Wilson Center a Washington. Il rischio di una cyber Pearl Harbor, per gli esperti, non è solo materiale per giornalisti: è un rischio concreto. Un motivo in più, ha spiegato ancora Rogers, per andare “avanti rapidamente con i partner per costruire le capacità militari” del futuro, che per la Difesa Usa è già presente.

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