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Ecco come (e perché) la Germania distingue tra migranti e rifugiati

Il vertice straordinario sui migranti tra ministri degli interni e della giustizia degli Stati membri dell’Ue si terrà lunedì 14 settembre a Bruxelles. Sarà l’occasione per cercare la linea comune sulla riforme del trattato di Dublino da una parte e sulle quote dei migranti dall’altra, ma gli ostacoli sembrano aumentare strada facendo.

L’ultima chiusura è arrivata dalla Gran Bretagna (è l’unico paese Ue a non aver mai aderito agli accordi di Schengen) che, con le parole del ministro degli Interni Theresa May, fa sapere di voler limitare gli accessi anche ai cittadini dell’Ue che non abbiano già un lavoro nel Paese.

Dall’altra parte la Germania, dopo aver aperto ai profughi siriani, cerca di chiudere le porte ai profughi provenienti dai Paesi dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia), che da oltre due anni sommergono Germania e Austria di richieste di asilo.

SE I BALCANI NON SONO SOLO UN CORRIDOIO

Come ha notato il giornalista esperto di Balcani Lavdrim Lita su Formiche.net, “la questione dei richiedenti asilo balcanici, che ingolfano sistemi d’accoglienza messi sotto pressione dall’afflusso di profughi dal Medio Oriente inizia ad irritare Austria e Germania”.

“Nel 2014 – ha spiegato Lita -, solo lo 0,2 per cento di richiedenti asilo serbi sono stati riconosciuti come rifugiati, così come l’1,1 per cento dei kosovari e il 2,2 per cento degli albanesi”. Con l’afflusso dei nuovi migranti provenienti dalla Siria (ma non solo) e che ha reso i Balcani un corridoio di passaggio, la situazione per la Germania si è complicata, fino ad arrivare al sovraccarico di richieste di asilo. Le risposte della cancelliera Merkel e del suo ministro degli esteri è stata di due tipi: sospensione di Dublino per i siriani e chiusura delle porte per i cittadini provenienti dagli stati balcanici occidentali.

LE RAGIONI DEL SÌ TEDESCO AI SIRIANI

La Germania, ha spiegato il germanista e politologo Angelo Bolaffi, distingue tra l’emigrazione per ragioni economiche (non inclusa nel trattato di Dublino) e quella che avviene per cause di forza maggiore come guerre, persecuzioni razziali, politiche o religiose, ed è per questo che ha aperto le porte ai migranti siriani, vessati da un conflitto che va avanti dal 2011.

Il perché del corridoio umanitario limitato alla Siria lo spiega anche Daniel Gros, direttore tedesco del Center for economic policy studies di Bruxelles, intervistato da Repubblica: “Per spirito umanitario e realismo: quasi tutti i siriani hanno diritto all’asilo ed è impossibile capire dove sono sbarcati. Il problema per Berlino sono i balcanici, solo l’1% dei quali ottiene l’asilo. Per velocizzare le procedure la Germania sta rafforzando gli uffici con 2000 funzionari.”

COSA VUOLE LA GERMANIA

Nell’ottavo dei dieci punti proposti dal vice-cancelliere tedesco Sigmar Gabriel e dal ministro degli esteri Frank-Walter Steinmeier per riformare le politiche sui migranti si spiega che la Germania intende far fronte anche alle migrazioni interne all’Europa: “Tutti i Paesi dei Balcani occidentali – si legge nel documento – aspirano all’ingresso nell’UE. Giustamente noi prospettiamo loro l’adesione alla comunità”. Un augurio, dunque, un auspicio di adesione, che porta però delle conseguenze: “Ciò significa però che non possiamo trattarli allo stesso tempo come Paesi persecutori. In prospettiva, uno Stato che soddisfa i criteri di candidato all’adesione UE dovrebbe essere considerato in tutta l’UE come un Paese di origine sicuro”.

Se i paesi dei Balcani occidentali soddisfano i criteri di adesione all’Ue, o se semplicemente vengono considerati dalle istituzioni nazionali e europee come Stati sicuri, allora i loro cittadini non sono idonei a richiedere asilo nel resto dei paesi Ue.

RIFIUTO, FINO A PROVA CONTRARIA

La Germania, quindi, propone di includere l’Albania, il Montenegro e il Kosovo nella lista di “paesi d’origine sicuri” (come sono già considerate la Serbia, la Macedonia e la Bosnia-Erzegovina) per riuscire a smaltire le richieste di asilo provenienti da questi paesi in modo più rapido, trasferendo a carico del richiedente l’onere di dimostrare la legittimità di tale richiesta.

In sintesi, le richieste di asilo provenienti dai paesi dei Balcani occidentali, se l’interpretazione tedesca dovesse avere successo anche a livello europeo, verrebbero trattate più velocemente (e presumibilmente rifiutate, come già avviene) proprio in funzione della nazionalità dei richiedenti.



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