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Cosa serve all’Europa

Pubblichiamo l’editoriale di “Fabbrica Società”, il giornale della Uilm, che sarà on line da giovedì 10 settembre

Ci guardiamo intorno, ancora con l’estate addosso, accorgendoci che la crisi economica perdura, mentre quella dei migranti verso l’Europa assume proporzioni colossali. Lo spazio di pensiero provato durante le ferie d’agosto ci aiuta a scoprire cosa si muove nell’intero contesto, ben al di là delle consuete questioni metalmeccaniche.

Il rallentamento della crescita globale prende il nome di stagnazione secolare. La crisi dei migranti, non solo quelli siriani in marcia verso Monaco, si riassume in problemi generazionali che ci trascineremo almeno per vent’anni, secondo le previsioni del Pentagono. Sono sessanta milioni i rifugiati in giro per il mondo e quarantaduemila le famiglie in fuga ogni giorno.

In Europa il disagio è evidente: la ripresa segna un ritmo più debole del previsto a causa del rallentamento dei mercati emergenti, con effetti negativi sulla crescita globale e sulle esportazioni dell’area euro. La Bce fino al 2017 ha rivisto al ribasso per l’Eurozona le stime di crescita e quelle dell’inflazione. Nel vecchio continente i migranti siriani che fuggono verso i Paesi vicini sono quattro milioni, mentre quelli che si dirigono verso Germania e Svezia sono 300mila. Come si affrontano le due crisi? Rispetto a quella economica, occorre realizzare investimenti, pubblici e privati, in infrastrutture; favorire la spesa in ricerca e sviluppo;realizzare una coerente politica industriale, in particolar modo verso il manifatturiero.

Non basterà, come promesso dai vertici della Bce,l’aumento dei volumi degli acquisti dei titoli di stato ed un prolungamento oltre il 2016 del “Quantitative easing”. Si renderà necessario, invece, un innalzamento degli strumenti di politica economica a livello europeo. In particolare, come indica l’economista Lucrezia Reichlin, occorrerà intervenire nei settori della spesa pubblica e della tassazione.

Alla crisi delle migrazioni occorrerà rispondere, non solo preoccupandoci di quanto accade nel Medio Oriente, ma, come spiega Romano Prodi, “con un impegno di cooperazione politica ed economica intenso e prolungato fra l’Unione Europea e i Paesi africani”. In questo senso, anche l’enorme giacimento di gas scoperto dall’Eni a cento chilometri dalle coste egiziane può rivelarsi un utile strumento di politica estera verso tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Mentre tutto ciò accade, i metalmeccanici continuano ad essere impegnati affinché il contratto nazionale si rinnovi a fine anno. Se ciò dovesse realmente verificarsi,  tale soluzione positiva potrà essere annoverata come una misura di stimolo alla situazione economica dell’Italia, alla stessa stregua di quelle ormai ineludibili a favore di investimenti, ricerca e sviluppo, Mezzogiorno.

La prossima Legge di Stabilità stavolta non potrà che tenerne conto. Insomma, in questo tempo che muta velocemente l’ordine delle cose, forse abbiamo superato, come avverte lo scrittore Paolo Giordano, “il rischio di tornare a essere quelli soliti, che si comportano e ragionano nel solito modo”. Se è così, dobbiamo fare il contratto tenendo conto che l’emergenza non è solo economica, ma anche geopolitica.

Non si può superare la prima se non si tiene conto della seconda. Si tratta di una precisa sequenza politica e non di una fuggevole percezione dovuta all’estate che ci sta lasciando.


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