Il viaggio apostolico che Papa Francesco inizierà domani a Cuba e negli Stati Uniti è senza dubbio il più importante del suo pontificato. La ragione principale di questo giudizio ampiamente condiviso alla vigilia è ben espresso dall’intenso programma che il Santo Padre seguirà. Dopo l’arrivo domani sera La Habana, con la cerimonia di benvenuto, Francesco si muoverà per Holguìn e poi per Santiago. Quindi da martedì sarà a Washington, dove incontrerà Obama mercoledì, e giovedì parlerà al Congresso prima di volare a New York, non prima di parlare al Palazzo di Vetro. Nella Grande Mela, renderà omaggio anche a Ground Zero con un incontro interreligioso, per poi volare alla volta di Philadelphia per l’atteso Incontro Mondiale delle Famiglie, ultima tappa prima del ritorno a Roma previsto lunedì 28.
La prima osservazione da fare, di là dell’intensissimo susseguirsi di appuntamenti, riguarda la vastità dei temi che saranno affrontati nei suoi discorsi pubblici, unita alla imprevedibile forza che il Papa imprimerà ai gesti e ai sicuri fuoriprogramma, cui siamo stati abituati bene in questi primi due anni.
Si può dire che tutti i punti sensibili che stanno a cuore a Bergoglio sono presenti nel calendario e possono trovare occasioni solenni e appropriate per esprimersi. In primo luogo le grandi relazioni politiche e diplomatiche con la potenza economica più grande del mondo. Un Papa che conosce a fondo il continente che visita esprimerà le sue idee su etica, solidarietà e condivisione al ”primo mondo” non prima di aver parlato alle folle dell’ultimo paese legato ancora con la sua miseria ad un arrugginito e ormai indebolito socialismo reale.
Questo suo arrivare negli States attraverso Cuba provocherà un suggestivo contrasto, così come il suo opposto andare da Castro prima di incontrare i potenti del mondo alle Nazioni Unite: un itinerario che colorerà di significati e simbologie il messaggio spirituale che Francesco cercherà di trasferire nelle coscienze, offrendo una comprensione globale degli scenari di governance che oggi l’umanità reclama e attende, rivolgendosi appunto a distanza di poco tempo alla base e al vertice dell’America.
Al centro dei suoi pensieri saranno sicuramente i grandi contenuti portati avanti finora con coerenza e perseveranza: attenzione per i poveri, bisogno di maggiore apertura reciproca tra gli esseri umani e superamento di tutti gli steccati ideologici che portiamo in eredità dal ‘900, mediante la pratica del perdono e la reciproca tolleranza. Anche per la sua storia personale e la sua esperienza argentina è sicuro che il discorso davanti Congresso non sarà tenero e non farà sconti, come non sarà lesinata la sicura critica che egli rivolgerà alle Nazioni Unite per la perdita di un ruolo di primo piano, indispensabile a maggior ragione in una fase tra le più drammatiche che l’Europa sta attraversando a causa del moltiplicarsi dei conflitti e l’estendersi in modo esponenziale dei processi migratori.
D’altronde, come si accennava, non meno rilevante sarà l’incontro finale con le famiglie, proprio alla vigilia del Sinodo che dovrà chiudere i primi di ottobre l’ampia discussione che la Chiesa sta facendo dentro se stessa. Di lì verrà un monito e una direzione di marcia incisiva per i vescovi, specialmente americani.
Sarebbe ingenuo nascondersi, infine, i rischi che minacciano questa visita apostolica. In primo luogo per la sicurezza personale del Santo Padre. Un Papa che con un carisma così travolgente parla al mondo intero, dicendo verità scomode e guardando fuori da schemi tattici, per di più dentro i luoghi austeri di comando, esortando alla misericordia, all’accoglienza, a rispettare i diritti universali della persona, non è destinato a trovare solo simpatici baciamano.
Bergoglio di sicuro rivelerà il desiderio di una maggiore vicinanza tra le fedi e di un nuovo ordine globale basato sulla solidarietà e il rispetto del creato, non contentando agilmente gli interessi economici e politici di chi sta al vertice sociale del pianeta.
La forza di Papa Francesco, in definitiva, sta proprio in questa modalità semplice e molto integra di vivere e testimoniare l’essere cristiani oggi, in una realtà in cui la fede non è più complice del potere, e in cui perciò le grandi masse globalizzate si attendono risposte alternative, non ciniche e tiepide, alla tentazione dell’odio e all’uso violento e strumentale del prossimo.
Francesco, inoltre, mostrerà, in un viaggio che anticipa e forse apre in qualche maniera il Giubileo di dicembre, che la Chiesa sta insindacabilmente dalla parte dell’umanità perduta e dimenticata, dei popoli deboli della Terra, perché ha il proprio cuore iscritto nel genoma dell’essere umano, ed è pronta a partecipare con tutta la propria saggezza alla creazione di più solidi e inediti scenari di pace.
In conclusione l’obiettivo sarà ribadire che il Cristianesimo con la sua idea di amore e misericordia rappresenta l’unica soluzione valida in grado di evitare al genere umano di finire schiacciato sotto il tacco di potentissimi interessi egoistici e sotto la fitta coltre violenta del fondamentalismo che offre una risposta tragica alla disperazione della gente proponendo la diabolica militarizzazione del sacro.
La Chiesa di Francesco è per i poveri, in fondo, perché è una Chiesa autenticamente universale e cattolica, impegnata per unire e difendere ogni persona dall’incubo di una caotica e anarchica guerra mondiale ‘a pezzi’ che non risparmierebbe nessuno, neanche la ricca e grande America.