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I formaggi erborinati ci parlano di evoluzione e di OGM

Ebbene si lo ammetto, sono un patito del gorgonzola e dei formaggi erborinati in genere. Proprio per questo sono stato attratto da questo lavoro di un gruppo di ricercatori francesi pubblicato sull’ultimo numero di Current Biology e finanziato da ERC (European Research Council).

Il lavoro tratta della domesticazione delle muffe responsabili delle qualità del Roquefort (Penicillium roqueforti), un classico Ma anche di quelle utilizzate nella produzione del Camembert (Penicillium camembert). E ci dice molto sui meccanismi alla base dell’evoluzione con degli spunti di riflessione sugli OGM (Organismi Geneticamente Modificati).

Nei secoli, i produttori di formaggio hanno capito come iniettare nel latte che fermenta specifiche muffe selezionate per donarci dei formaggi sempre più in grado di soddisfare il nostro palato.  Fino ad oggi, però, pochi si sono occupati di studiare i meccanismi molecolari che stanno alla base della domesticazione di questi micro-organismi. Le due muffe del formaggio considerate dai ricercatori francesi appartengono al genere Penicillium: P. roqueforti per i formaggi erborinati, come appunto il Roquefort, e P. camemberti per i formaggi morbidi e cremosi tipo Camembert. Quest’ultimo selezionato nel XIX secolo.

I caratteri per cui sono stati selezionati includono una serie di caratteristiche come la morfologia, il profilo aromatico, la capacità di crescere a basse temperature in una matrice che contiene altri funghi e batteri in grado di competere per gli stessi nutrienti.

Oggi le moderne tecniche di sequenziamento del DNA ci permettono di imparare molto sui processi evolutivi, offrendoci delle istantanee precise del materiale genetico. E l’analisi informatica ci consente di confrontare genomi di organismi o di individui differenti e di leggere così il processo evolutivo.

I ricercatori hanno sfruttato queste tecniche per confrontare il genoma di sei specie di Penicillium. In questo modo si sono resi conto di un evento sorprendente. Hanno infatti trovato che l’adattamento delle muffe al formaggio è dovuta ad un certo numero di trasferimenti tra specie differenti di estese regioni di DNA contenenti geni coinvolti nel metabolismo. Due delle 7 regioni identificate contengono geni che codificano per fattori che conferiscono la capacità di utilizzare i nutrienti del formaggio e di crescere più rapidamente, in questo modo offrendo un vantaggio rispetto ad altri micro-organismi presenti nel latte in fermentazione.

Le sette regioni sono fiancheggiate da particolari sequenze chiamate elementi trasponibili. Questi sono elementi presenti nel genoma di tutti gli organismi, incluso l’uomo. Quando attivati sono in grado di muoversi da una regione all’altra del genoma e in taluni casi tra cellule, anche di specie differenti. Questo potrebbe spiegare in che modo le regioni che conferiscono una particolare proprietà alla muffa per quanto riguarda la fermentazione del latte possano aver “viaggiato” da una specie all’altra, dando origine a veri e propri OGM naturali.

L’analisi ha anche dimostrato che questi eventi di trasferimento genico si sono verificati abbastanza recentemente, durante il processo di domesticazione delle muffe da parte dell’uomo. Infatti  le sequenze contenute in queste regioni sono quasi perfettamente conservate tra specie differenti di Penicillium, anche molto distanti tra loro da un punto di vista evolutivo, mentre sono assenti in altre specie specie non domesticate.

Così la domesticazione delle muffe del formaggio dimostra che l’adattamento di una specie ad un nuovo ambiente può avvenire in tempi relativamente brevi grazie al trasferimento genico tra specie. Nel caso in questione, la velocità con cui sono stati acquisiti questi blocchi di DNA sembra essere eccezionalmente alta, probabilmente per il grande vantaggio che i geni contenuti in queste regioni forniscono al ceppo ricevente in termini di sopravvivenza e velocità di riproduzione.

Gli autori concludono il lavoro con una considerazione generale, invitando a considerare con cautela la produzione in laboratorio di OGM tramite i meccanismi di manipolazione del genoma, dato che i geni introdotti, fornendo vantaggi evolutivi, potrebbero diffondersi tra le specie, con effetti talvolta imprevedibili.

Personalmente penso che questa preoccupazione valga anche, e forse ancora di più, per ceppi prodotti con metodi quali fusioni cellulari o mutagenesi, che vengono ampiamente utilizzati da molto tempo e per i quali molto spesso non è nota la regione genica rilevante per il fenotipo selezionato. Il lavoro dei ricercatori francesi di fatto fornisce una prova molto forte a favore dell’idea che le tecnologie di trasferimento genico alla base degli OGM sono in realtà attive in natura, molto di più di più di quello che mi sarei aspettato. Certo è che molto dobbiamo ancora imparare relativamente alle logiche alla base di questi fenomeni.

 

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