Il nostro sogno è di non morire mai. Solo 40 anni fa un settantenne ci sembrava un vecchio. Ora non accettiamo che i nostri genitori muoiano ad 80. Ci promettono che arriveremo a 100 e i nostri figli forse a 120. Una gara che porta con sé problemi sociali legati all’organizzazione del lavoro e alla sostenibilità del servizio pensionistico. Ma anche un serio problema per il servizio sanitario nazionale. Perché allungare la durata della vita vuol dire doversi confrontare con una serie di malattie, talune delle quali compromettono la nostra qualità di vita ma anche la nostra dignità. Penso ad esempio alle malattie neuro-degenerative, come il morbo di Alzheimer. Il 7% delle persone con più di 65 anni soffre di una malattia neuro-degenerativa. Più della metà di questi è affetto da Alzheimer. E queste percentuali ovviamente crescono con l’età. Si stima che nel 2050 1 persona su 85 sarà affetta da Alzheimer. Ogni anno 2,5 nuovi casi ogni 1000 persone tra i 65 e i 69 anni. Ma ben 9 tra i 75 e i 79 anni, e 40,2 tra gli ultra 80enni. Attualmente a livello mondiale il costo di questa malattia è di 600 miliardi di dollari all’anno. Senza contare i costi morali per i pazienti e i loro famigliari.
Un intervento precoce vuol dire aumentare la probabilità di ritardare il momento in cui il paziente non sarà più autosufficiente. Per questo è importante sviluppare metodi non costosi e facili che permettano di identificare velocemente chi è a rischio di contrarre il morbo di Alzheimer.
Uno studio pubblicato in questi giorni su Genome Biology sembra aver identificato un metodo efficace per misurare l’età biologica (che può essere diversa da quella anagrafica) e stabilire la probabilità che una persona si ammali di Alzheimer.
Il metodo si basa sull’analisi del RNA. Quando un gene è attivo la sequenza del DNA del gene viene copiata (trascritta) in una molecola di RNA e questa tradotta in proteine. Tutte le cellule del nostro organismo contengono lo stesso DNA. Ma differiscono per il contenuto in RNA. Perché in cellule diverse sono attivi geni differenti. La domanda che si sono posti i ricercatori è la seguente: E’ possibile trovare un gruppo di molecole di RNA la cui abbondanza permetta di misurare l’età biologica dell’individuo e di predire la sua probabilità di ammalarsi di Alzheimer?
Il metodo utilizzato dai ricercatori è quello di leggere tutte le molecole di RNA presenti in cellule muscolari di persone sane di età differente e poi, utilizzando metodi bio-informatici, cercare di identificare un gruppo di molecole di RNA la cui abbondanza sia correlata all’età. Un pò come se io cercassi di capire chi ha scritto un romanzo analizzando al computer la frequenza relativa delle parole nel testo. Un’analisi che non cerca di capire il significato del racconto ma solo di far emergere una qualità che è tipica della persona che lo ha scritto.
In questo modo i ricercatori hanno identificato 150 geni la cui attività, misurata dall’abbondanza delle molecole dei loro RNA, permette di stabilire l’età biologica dell’individuo. Cosa ancora più sorprendente è che questi stessi geni sono predittivi dalla probabilità di sviluppare Alzheimer, e la loro attività varia nello stesso modo anche nelle cellule del sangue. Inoltre l’espressione di questi geni non è influenzata dallo stile di vita, dall’alimentazione o dall’esercizio fisico. Così un piccolo prelievo di sangue ci permettere di capire se una persona sia più giovane o più vecchia di quanto ci dice l’anno di nascita scritto sulla sua carta di identità, e se avrà una probabilità alta o bassa di sviluppare Alzheimer.
Esistono molti lati oscuri dietro questo tipo di lavoro. Prima di tutto il fatto che non sembra esserci una logica dietro al gruppo di geni identificati. La sfida sarà proprio di capire il significato di questa relazione tra età biologica ed espressione di specifici geni. Ma questo potrebbe divenire anche un ottimo strumento per studiare l’efficacia di nuovi farmaci anti-invecchiamento ed anti-Alzheimer. Quello che è certo è che i metodi di sequenziamento di DNA, RNA e proteine accoppiati all’analisi computerizzata (bio-informatica) stanno rivoluzionando il nostro modo di vedere l’essere vivente, mostrando giorno dopo giorno nuovi aspetti, prima nemmeno sospettati, della logica che opera nei sistemi biologici.
In Italia l’invecchiamento e le malattie associate, prima di tutte l’Alzheimer, vengono studiate dal progetto Invecchiamento del CNR