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Bail-in, cosa cambia per i clienti delle banche. Gli italiani lo sanno?

Il cambiamento è previsto dalla direttiva europea Banking recovery and resolution entrata in vigore dal primo gennaio 2014 un po’ alla chetichella e dai due decreti legislativi in attuazione delle direttiva approvati il 10 settembre dal Consiglio dei ministri, proprio mentre sono in corso le trattative con Bruxelles sulla costituzione di una bad bank che acquisti parte delle sofferenze bancarie. La novità è chiara e sarà bene che la tengano presente tutti coloro che pensano di aprire un conto o acquistare bond e azioni di un istituto di credito: lo Stato non interverrà più a salvare le banche in stato fallimentare.

CHI PAGHERA’

L’arduo compito toccherà proprio agli azionisti prima, agli obbligazionisti poi, e se non fosse sufficiente interverranno anche i correntisti. Sono fatti salvi solo i conti fino a 100 mila euro, un livello di garanzia già sancito dalla legge italiana e che diverrà operativo in tutta l’Unione. Se ne sono già avuti degli esempi pratici a Cipro – dove gli oligarghi russi sono stati chiamati ad aprire i portafogli – e in Austria con la Hypo Alpe Adria.

CHE SUCCEDE CON IL BAIL-IN

Il funzionamento è piuttosto semplice: una volta dichiarato il bail-in (per evitare il default della banca), evento possibile ma che al momento è del tutto da escludere, si bloccano tutte le transazioni sui titoli azionari e obbligazionari, ma anche sui conti correnti, fino a quando non si definisce il livello di intervento necessario per turare le falle che si sono aperte nei bilanci.

COME CAMBIA IL LIVELLO DI RISCHIO

A seconda del livello di rischio degli investimenti si passerà ad annullare i crediti degli azionisti, degli obbligazionisti e infine, se necessario, anche dei correntisti e titolari di conti deposito, con esclusione come detto dei primi 100 mila euro, che dovrebbero essere coperti da un fondo interbancario di tutela dei depositi, in via di costituzione per tutta l’Unione. Come ha giustamente sottolineato Italia Oggi, non è certo il caso di fasciarsi la testa prima di averla sbattuta (considerato anche il livello di solidità delle banche italiane) ma sicuramente giova ricordare il livello di intervento pubblico in Europa negli ultimi anni.

LE SPESE DEGLI ALTRI PAESI

Germania, Spagna, Irlanda, Paesi Bassi, Grecia, Belgio, Austria, Portogallo e Italia hanno speso in tutto 441 miliardi di euro in prestiti per consolidare le loro banche. Una montagna di denaro che, se dovesse servire di nuovo in caso di fallimenti, graverà sulle tasche dei cittadini e non più dei governi.

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