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Il protagonismo di Putin in Siria preoccupa la Nato

Qual è, oggi, la condizione del Mediterraneo, fragile ma strategicamente rilevante “Fianco Sud” dell’Alleanza Atlantica, considerato da più parti il “ventre molle” del Vecchio Continente? Se ne discuterà da stamane, a Istanbul, dove inizia la tre giorni del nuovo vertice Nato.

LO SCENARIO TURCO

In una Turchia resa instabile dalle tensioni interne scaturite dalla débâcle elettorale dell’AKP del “sultano” Recep Tayyip Erdogan, che hanno costretto il premier Ahmet Davutoglu a convocare elezioni anticipate l’1 novembre, si riunisce la più alta autorità militare dell’Alleanza, il Comitato militare.

I TEMI DEL SUMMIT

I lavori del summit – si legge sul sito della Nato – saranno presieduti presidente del comitato, il generale Petr Pavel, con il generale Philip Breedlove, il comandante supremo alleato in Europa. Durante il vertice, che proseguirà sino al 13 settembre, ci sarà spazio per parlare dei progressi compiuti nell’attuazione del piano di azione rapida (Readiness action plan), di quello di sicurezza regionale (con un occhio particolare al Medio Oriente e ai drappi neri), della missione in Afghanistan e anche di Balcani occidentali. Si eleggerà poi il nuovo direttore generale dello staff militare internazionale.

IL CASO RUSSO

Temi caldi – aggiunge Hurriyet – saranno anche gli attriti con la Russia per la crisi ucraina e per il crescente protagonismo del Cremlino sul teatro siriano a sostegno del dittatore Bashar al-Assad al quale giungono da tempo armamenti e forse ora anche uomini di Mosca. Quest’ultimo è un problema che si è aggiunto da poco, ma sul quale il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, è intervenuto mercoledì: “Un intervento russo non contribuisce a risolvere il conflitto”, ha evidenziato, ripreso dall’agenzia Reuters. Piuttosto, ha detto, “ogni sforzo debba essere concentrato sulla ricerca di una soluzione politica” (leggi: un cambio al vertice, concordato con le parti in causa).

SOLUZIONE DISTANTE

Una soluzione che però pare distante. A renderla difficile sono i tanti (e divergenti) interessi dei Paesi presenti sul territorio di Damasco, che hanno creato nel tempo un groviglio difficile da sbrogliare e che sta complicando non poco l’operato della coalizione internazionale anti Isis. Ecco perché, secondo molti analisti, uno degli argomenti più delicati da affrontare a microfoni spenti sarà proprio la controversa posizione della Turchia. Da un lato dice di essere intenzionata a unirsi alla guerra contro l’Isis (anche se spesso accusata di essere ambigua nei confronti degli uomini di al-Baghdadi), dall’altro non perde occasione per danneggiare i separatisti curdi, tra i pochi a combattere davvero i drappi neri sul terreno.



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