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Papa Francesco nel cuore del mondo

La visita pastorale di Papa Francesco negli Stati Uniti è entrata nella fase culminante, che si concluderà domenica con l’incontro mondiale delle famiglie a Philadelphia. Ieri è stato il vero momento clou di questo viaggio storico, con il grande discorso al Congresso degli Stati Uniti.

Com’era nelle attese, il Santo Padre ha concentrato la sua attenzione esclusivamente sul significato che nella cristianità e per l’umanità hanno gli Stati Uniti: un ragionamento pacato, pieno di sentimento, di altissimo livello culturale e di forte impatto comunicativo.

I contenuti si sono articolati seguendo due linee tematiche principali. La prima volta a sensibilizzare i rappresentanti politici sul recupero dell’autentico spirito americano, iscritto all’interno di una particolare idea di popolo che si struttura come nazione senza appoggiarsi né ad una specifica identità etnica, né ad un senso difensivo di chiusura culturale. Le figure evocate ad esprimere l’essenza di questa grande tradizione, Anbrahm Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day e Thomas Merton, esprimono all’unisono l’articolata l’anima americana, fondata su libertà, uguaglianza, solidarietà e religiosità.

Questi valori sono nati e si sono radicati in una nazione fondata da un popolo migrante giunto dall’Europa e dal resto del mondo. Perciò, in un’ottica come quella odierna, in cui i processi migratori assumono la dimensione epocale di un rimescolamento complessivo delle genti, gli Stati Uniti costituiscono un modello e una speranza esistenziale per tutti.

Il secondo tema del suo discorso ha investito, invece, il valore generale della politica come attuazione del bene comune. Per Francesco non esiste libertà individuale che non sia democratica, e non esiste democrazia che non sia fondata sul dialogo, sul rispetto dell’altro, sulla cura della vita di tutti, sull’allargamento espansivo della cittadinanza. Un passaggio importante, in tal guisa, ha riguardato l’economia: il Papa ha riconosciuto, fedele alla dottrina sociale della Chiesa, il valore dell’attività imprenditoriale, purché finalizzata appunto a generare lavoro e partecipazione, e non solo ricchezza egoistica e sfruttamento del prossimo.

Su quest’ultimo punto Bergoglio ha enunciato la propria visione etica generale. La convivenza civile non solo non deve erigere muri, semmai abbatterli, ma non è condivisibile qualsiasi forma di distinzione nell’umano, ossia all’interno e all’esterno delle specifiche comunità,  tra il bene e il male, tra chi sta dentro e chi sta fuori: perché, in fin dei conti, siamo tutti partecipi di un medesimo destino. Si è trattato di un attacco frontale allo gnosticismo e al manicheismo che retrostà a qualsiasi idea di codificazione negativa e discriminatoria del prossimo: interessi diversi sì, ma non selezione in gruppi che impediscano poi l’incontro tra persone e il loro comunicare reciproco.

Questi due punti esprimono, in definitiva, l’immagine degli Stati Uniti come luogo fisico e ideale dove si può attuare e concretizzare il proprio sogno personale, vale a dire la speranza di poter avere una chance di vita, un ottimismo che è importante sopravviva a nuove e restrittive forme di paura e chiusura verso i più deboli, i migranti e gli emarginati da parte dei più avvantaggiati. È assurdo insomma che chi ce l’ha fatta, chiuda poi la porta ad altri che hanno i medesimi desideri.

L’America, d’altronde, non è l’Europa. E mentre qui da noi il continente è nato e si è formato partendo da nazioni forti che hanno imparato progressivamente a convivere pacificamente  nella pluralità di culture, gli States nascono come fusione in una nazione sola di tante identità diverse. Perciò il suo ruolo cruciale oggi più che mai non può e non deve essere disatteso.

Queste alte considerazioni di ieri sono il viatico del discorso che oggi Francesco farà alle Nazioni Unite, alla presenza anche del presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi. L’eccezionale e solenne contesto internazionale sarà occasione per esprimere il suo senso mondiale e globale di convivenza e di unità dei popoli che a Washington è stato declinato per un solo Paese. Un mondo unificato necessita unità, e un debito e progressivo rafforzamento delle istituzioni mondiali passa attraverso la convinta accettazione dell’inseparabilità dell’interesse di tutti da quello di ciascuno. L’ONU così è un’istituzione che non soltanto non può restare sopita e latente, ma deve ritrovare con decisione il proprio ruolo politico di incontro, di valorizzazione e di difesa istituzionale dei diritti supremi di ogni persona umana, dal Papa indicati come nucleo costitutivo del senso cristiano di civiltà.

Il passaggio da Cuba agli Stati Uniti, ossia dalla povertà alla ricchezza, ha come punto culminante, dunque, le Nazioni Unite come vera piazza orizzontale di estensione e attuazione della democrazia mondiale dei popoli, immaginata e auspicata da Francesco all’insegna dell’amore e della generosità reciproca. Nel suo complesso egli sottolinerà il fatto che le Nazioni Unite devono avere una propria riconosciuta autorevolezza, perché sono la sola alternativa attuale e possibile alla guerra mondiale, un’opzione di fraternità globale retta sulla libertà religiosa, la tolleranza, l’amore reciproco, il rispetto dell’ambiente, il valore delle identità culturali e nazionali, nel comune orizzonte di un’inedita e più consapevole umanizzazione etica del pianeta, dove il cuore vinca sulle armi e le ambizioni di pace sul desiderio di uccidere.

I popoli del mondo si aspettano moltissimo dal Papa, e il Papa sarà pertanto esigente con i potenti del mondo per favorire il bene di tutti i popoli.

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