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Pirelli, la vittoria di Tronchetti Provera e la sconfitta di Paulson

Da ieri, 29 settembre, è tutta in discesa la strada che separa il patron della Pirelli Marco Tronchetti Provera al successo dell’operazione di cessione del controllo della società degli pneumatici a ChemChina. Il 29 settembre in serata è stato infatti annunciato l’accordo in base a cui Marco Polo Industrial Holding, partecipata da ChemChina e Camfin, ha acquistato 45.143.033 azioni ordinarie Pirelli, pari a circa il 9,5% e 190.307 azioni di risparmio, da alcuni fondi gestisti da John Paulson al prezzo di 15 euro per azione, vale a dire il prezzo atteso dell’Offerta pubblica di acquisto (Opa).

COSA VOLEVA FARE PAULSON

In questo modo, va in fumo il progetto di Paulson, noto gestore di hedge fund che secondo Forbes può contare su una ricchezza netta di 11,4 miliardi di dollari. Secondo indiscrezioni rilanciate da Repubblica all’inizio di giugno, Paulson sarebbe stato in manovra con altri investitori speculativi su Pirelli per spuntare un innalzamento del prezzo dell’Opa. Una mossa che sarebbe stata gradita anche alla famiglia Malacalza, socia al 7% del gruppo milanese della Bicocca. Ma, ora che il finanziere ha venduto i suoi titoli alla holding al prezzo già fissato per il lancio dell’Opa, l’azione di disturbo perde slancio e per Tronchetti Provera, il grande regista dell’operazione di cessione del controllo di Pirelli a ChemChina, diventa tutto più facile. Ecco perché Il Sole 24 Ore del 30 settembre scrive: “La decisione di cedere parte dei titoli viene letta come la scelta di procedere con l’adesione completa all’Opa”.

CHE COSA E’ SUCCESSO

Vendere le azioni alla holding controllata dai cinesi e partecipata dagli italiani (attraverso Camfin, società delle banche e di Tronchetti) significa per Paulson, tra l’altro, probabilmente perderci qualcosa. Sì, perché il gestore di fondi hedge era salito sopra il 5% di Pirelli, posizionandosi al 6%, a metà maggio, quando in Borsa i titoli ordinari valevano circa 15,4 euro l’uno. Mentre ora, come detto, ha venduto a 15 euro per azione. Certo, una parte della quota potrebbe essere stata accumulata prima (i grandi fondi sono tenuti a comunicare a Consob solo il superamento del 5%), ma di certo sulle azioni acquistate a maggio è stata realizzata una minusvalenza.

PERCHE’ SI E’ TIRATO INDIETRO

E allora perché ha venduto? Si può fare qualche congettura. Prima ipotesi: Paulson si è reso conto che con un osso duro come Tronchetti non sarebbe stato possibile spuntare un prezzo più alto per l’Opa. E’ vero che avrebbe comunque potuto aspettare che l’operazione partisse, così da conferire le azioni insieme con la massa e “nascondersi”, “mimetizzarsi” tra gli azionisti sperando che la cosa potesse avere una risonanza minore di quella avuta ieri. Ma vendere subito significa anche incassare subito e il gestore di fondi hedge ha scelto quest’ultima strada. Poi c’è un’altra ipotesi che circola negli ambienti finanziari: con i mercati azionari in netto ritracciamento e con il caso Volkswagen che ha gettato ombre scure sull’intero settore auto, è possibile che anche Paulson negli ultimi tempi non abbia realizzato grandi performance coi suoi fondi. Da qui la decisione di passare subito all’incasso, anche se l’investimento forse è stato in perdita, ma senza dovere aspettare la partenza dell’Opa.

Tra l’altro, è vero che Paulson si è fatto conoscere soprattutto per essere riuscito a guadagnare con la crisi dei mutui subprime americani, ma è altrettanto vero che ha già perso soldi con la recente crisi greca. La mossa sbagliata su Pirelli non è altro che l’ulteriore dimostrazione che in questi mesi anche per Paulson il vento sembra essere cambiato.


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