Ci sarà anche una garanzia dello Stato sui mutui stipulati o sui bond di progetto che saranno emessi per il finanziamento degli investimenti previsti dal piano Banda Ultra Larga.
E’ quanto risulta a Formiche.net sulla base di indiscrezioni governative che circolano tra gli addetti ai lavori. L’ipotesi è stata discussa nell’ultima riunione del Cipe che il 6 agosto ha approvato il programma operativo del Piano Banda Ultra Larga, assegnando 2,2 miliardi di euro dalle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020, per procedere all’immediata attivazione del piano.
OBIETTIVI
L’obiettivo del governo? Avere entro il 2020 la sottoscrizione da parte di almeno il 50% della popolazione di servizi a più di 100 Mbps, coprire con le reti ultraveloci ad oltre 100 Mbps fino all’85% della popolazione e portare il 100% della popolazione ad almeno 30 Mbps.
I FONDI
Per la realizzazione di questi obiettivi il governo Renzi ha stimato la necessità di investimenti complessivi fino a circa 12 miliardi di euro: 5 miliardi di euro dovrebbero giungere dagli operatori privati, mentre i restanti 7 miliardi di euro saranno coperti con fondi pubblici.
Fatti salvi i 2,2 miliardi già assegnati per l’attivazione del piano, per raggiungere la cifra indicata dalla delibera Cipe lo Stato dovrà reperire altre risorse. Ecco dove: “Altre risorse per un ammontare di 1,3 miliardo di euro – si legge in un comunicato del governo – potranno essere oggetto di successiva delibera CIPE sul Fondo sviluppo e coesione e ulteriori 1,4 miliardi potranno essere conferiti al Piano con successivi provvedimenti normativi, per un volume complessivo di risorse pari a 4,9 miliardi”.
Tra i fondi pubblici annunciati sono disponibili inoltre risorse previste nell’ambito della programmazione dei Fondi strutturali comunitari pari a circa 2 miliardi di euro che verranno garantiti nei Programmi operativi (regionali e nazionali) già approvati o in corso di approvazione da parte della Commissione Europea, tra cui 230 milioni del PON Imprese e Competitività 2014-2020 approvato il 23 giugno 2015 dalla Commissione europea destinati alle regioni.
CHI INVESTIRÀ
Mentre gli operatori privati si stanno già sbracciando per coprire con i loro investimenti i Cluster A e B che comprendono circa il 65% della popolazione italiana e dove sono già presenti in qualche forma con piani di investimento, nei Cluster C e D (35% della popolazione italiana) le zone definite “a fallimento di mercato”, sarà lo Stato ad intervenire. Nel Cluster C rientrano in particolare le aree nelle quali è prevedibile o è previsto un co-investimento dei privati solo a fronte della concessione di incentivi, mentre nel Cluster D rientrano le aree nelle quali non vi sono le condizioni per investimenti privati neanche a fronte della concessione di incentivi.
LE MISURE PREVISTE
Che cosa sta studiando il governo per intervenire direttamente e indirettamente, Bruxelles permettendo? Il piano di Palazzo Chigi e del dicastero dello Sviluppo economico retto da Federica Guidi prevede una serie di misure: contributi in conto capitale agli investimenti privati; contributi in forma di voucher agli utenti finali; credito di imposta per gli interventi infrastrutturali; garanzia dello Stato sui mutui stipulati o sulle obbligazioni di progetto emesse per il finanziamento degli investimenti finalizzati all’attuazione del Piano; intervento pubblico diretto, “per realizzare con finanziamenti pubblici collegamenti NGA (Next Generation Access) in aree nelle quali gli operatori privati non sono interessati a investire neanche a fronte di contributi pubblici e forme di Partnership pubblico-privata”, si legge in una bozza di documento preparatorio dell’ultima riunione del Cipe.