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Se cade Renzi, cade l’Europa (e l’euro). Parola del prof. obamiano Henry

Se il governo Renzi dovesse cadere, sarebbe molto difficile per l’Europa mantenere la stabilità necessaria a non innescare una nuova crisi che potrebbe portare al definitivo tramonto dell’euro.

A crederlo è Peter Blair Henry, nel 2008 a capo del team dei consulenti economici dell’allora senatore Barack Obama durante la campagna presidenziale, oggi Dean della Leonard N. Stern School of Business della New York University.

Ospite ieri sera del Centro studi americani di Roma, il docente americano, economista di fama mondiale, ha messo in evidenza sintonie tra Palazzo Chigi e l’altra sponda dell’Atlantico, portando chiara la visione statunitense di come debba essere curata la salute precaria in cui versa la moneta unica.

Introdotto dal ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca Stefania Giannini e intervistato da Giampiero Gallo, professore di economia alla NYU e consigliere economico del Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, Henry è impegnato in questi giorni in una serie di conferenze per presentare la sua ultima fatica, Turn-around – ribattezzato ieri in un renziano “cambia verso” -, un libro in cui analizza 30 e più anni di riforme economiche sia nei Paesi in via di sviluppo (i cosiddetti mercati emergenti) sia nelle economie delle nazioni avanzate in difficoltà oggi, proprio come l’Eurozona.

IL RUOLO DELL’ITALIA

Sul ruolo dell’Italia in questo questo contesto particolarmente fragile, Henry non ha dubbi. “Il governo Renzi è al momento determinante per la stabilità della moneta unica”, perché “lancia un messaggio rassicurante ai mercati”. Sta mettendo in campo “riforme che vanno nella direzione giusta” e sta chiedendo “di rivedere in modo armonico alcuni dogmi” di Bruxelles. “Se dovesse venire meno improvvisamente per qualsiasi ragione”, potrebbe essere “un colpo fatale per l’Eurozona”, già messa a dura prova da questi anni difficili, culminati con la crisi greca.

PIÙ DISCIPLINA, NON AUSTERITÀ

“Credo – ha poi aggiunto – che l’economia globale, sia quella dei Brics sia quella delle aree mature abbia bisogno di maggiore disciplina, che però non significa adottare soluzioni estreme, come insistere sull’austerità fiscale”. Piuttosto, ha rilevato il docente, l’area euro avrebbe bisogno di uno sguardo lungo, un impegno sostenuto per la prosperità a lungo termine che sia flessibile e valorizza l’intera popolazione di un Paese e non un singolo individuo o gruppo”. Dopo il decennio perduto, in cui l’Europa si è rifiutata “di adottare politiche espansionistiche” come quelle della Fed, non resta che correre ai ripari.

UN’EUROPA CHE NON FUNZIONA

I Paesi europei, è la conclusione dell’esperto, “sono stati e sono ancora lenti nell’’affrontare le loro problematiche strutturali”. Se a questo si aggiunge che “la politica monetaria europea è stata inadeguata”, si può trarne le somme.

SI VINCE ASSIEME

Come uscirne? Attraverso più Europa, o almeno grazie a leadership coraggiose e scelte unitarie. Henry, in quello che sembrava un consiglio inviato a Berlino, ha spiegato poi che bisogna rendersi conto che “l’interdipendenza economica significa che tutti vincerà o perderà tutti”.

GLI INVESTIMENTI CHE SERVONO

Quel che servirebbe ai Paesi avanzati, ha rimarcato ancora l’economista sono sì riforme economiche, ma orientate a un uso migliore degli investimenti”. Come quelli in istruzione e ricerca, ad esempio, che secondo il docente “rappresentano ancora uno dei modi migliori per assicurare a un Paese uno sviluppo duraturo e sostenibile”.

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