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Chi è e cosa pensa Mustafa Rugibani, candidato premier in Libia

Mustafa Rugibani, ambasciatore di Libia presso la Santa Sede, è candidato a primo ministro alle prossime elezioni in Libia.

LA VITA POLITICA

Esule per quasi 30 anni, dal 1979 al 2006, ha fatto parte del Consiglio nazionale di transizione nel 2011 durante la primavera araba, poi è stato ministro del Lavoro. Ora ha fatto sapere che appena scadrà il mandato del governo in carica di Tobruk (20 ottobre) lui sarà della partita. La sua ambizione è quella di diventare presidente del Consiglio alla prossima tornata elettorale, che dovrebbe dare vita a un governo di unità nazionale, secondo le trattative – finora poco fruttuose – alle quali sta lavorando l’inviato dell’Onu Bernardino Leon

LE PAROLE DI RUGIBANI

Ieri, intervistato dall’Adnkronos, il diplomatico ha chiesto una soluzione immediata della crisi, ponendo l’accento sui negoziati di queste ore e che si spera possano trovare una conclusione positiva entro domenica. “La cittadinanza non ha servizi, manca la luce, la scuola non può ricominciare perché mancano i soldi, le ambasciate soffrono”, ha rimarcato il diplomatico, candidato a primo ministro alle prossime elezioni in Libia. “Dobbiamo fare pace tutti insieme e superare le divisioni tra le tribù… mettere insieme le varie minoranze religiose, includendo uguali diritti per tutte le minoranze inserendole nella Costituzione”. Se fosse eletto primo ministro cosa farebbe per prima cosa? “Parlare con la mia gente e infondergli fiducia, condividere il programma di governo e restituirgli la pace”.

L’AVANZATA DEI DRAPPI NERI

Riferendosi all’avanzata dell’Isis e al controllo che il Califfato sta esercitando sulle due città libiche di Sirte e Derna, il candidato premier chiede aiuto alla comunità internazionale: “Noi possiamo combattere sul territorio perché i nostri militari conoscono bene il Paese, ma devono essere messi in condizione di difendersi. Le Nazioni unite devono togliere l’embargo sulle armi, devono armarci contro l’Isis e sostenerci con un supporto aereo perché i confini sono troppo vasti. La nostra divisione interna è politica e non ideologica, tutti insieme combatteremo l’Isis così come abbiamo combattuto contro Gheddafi”.

IL TEMA IMMIGRAZIONE

Parlando sempre ad Adnkronos del fenomeno dell’emigrazione che parte della Libia verso l’Europa, l’ambasciatore ha spiegato che “i barconi della morte sono gestiti da miliziani in prigione all’epoca di Gheddafi. L’emigrazione non è libica i profughi transitano in Libia, da cui partono verso l’Italia. Attualmente sono oltre 400mila quelli pronti per partire. Il prossimo governo – ha affermato – dovrà riprendere in mano l’accordo firmato tra l’Italia e Gheddafi ma l’Italia deve occuparsi di più della Libia, fare più fatti e meno parole visto che e’ il primo partner della Libia. E gli Stati Uniti, paese principale della Nato, devono capire che la Libia e’ vicina all’Italia e all’Europa e quindi non deve essere abbandonata, neppure dopo la pacificazione, anzi deve essere aiutata a stabilizzare il suo nuovo corso”.



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