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I rischi per le trivellazioni in Adriatico sono bassi. Parola di Messina (Cnr)

Sale di tono la polemica contro alcune norme del decreto Sblocca Italia. Ad assecondare umori e malumori di comitati locali di protesta contro le trivellazioni alla ricerca di nuova energia sono ora anche una parte delle Regioni.

 

Infatti nove consigli regionali hanno deciso di promuovere referendum abrogativi di alcune parti del decreto, ora convertito in legge, Sblocca Italia.

Formiche.net continua ad approfondire il tema, dopo ricostruzioni, commenti e interventi (qui quello del consigliere Pd nella Regione Emilia Romagna, Gianni Bessi).

Ecco dunque l’opinione di Paolo Messina, direttore dell’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).

IL (BASSO) RISCHIO

“In tutte le cose che facciamo – dice Messina in una conversazione con Formiche.net – c’è un rischio: quando camminiamo, prendiamo un aereo, un treno, ma anche stando seduti. Nel caso di un incidente in corso di trivellazione, il danno sarebbe enorme, ma il margine di rischio è piuttosto basso. Questo bisogna dirlo anche perché ci sono diverse fasi. Si comincia con le esplorazioni preliminari che indicano la probabilità della presenza di giacimenti di gas e petrolio nel sottosuolo. Se le possibilità sono interessanti, si passa alla fase dell’estrazione, e voglio specificare che in nessuna di queste fasi è previsto uno sversamento di olio e petrolio nel mare – e prosegue – in Italia, in Val D’Agri ad esempio, la qualità degli idrocarburi è di ottima”.

IL CASO DELL’ADRIATICO

Insomma lavorare in condizioni di assoluto rispetto delle norme previste dalla legge comporta un forte abbassamento del rischio e d’altronde, come sostiene anche il direttore, “in caso di incidente il danno d’immagine per le compagnie petrolifere, oltre all’ovvio ritiro della concessione estrattiva,  sarebbe notevole – e continua – è vero che l’Adriatico è un mare chiuso, ma lì le attività di trivellazione vanno avanti da tantissimi anni”.

LE RAGIONI ELETTORALISTICHE

Ma perché questa politica ultra-ambientalista che si riversa in un comportamento ciecamente NIMBY? “Io sono un tecnico e questa domanda andrebbe rivolta più ad un sociologo oppure ad un politologo; probabilmente le ragioni vanno trovate in una scarsa informazione all’opinione pubblica che di fatto si traduce in una scarsa fiducia verso gli esiti riguardanti la realizzazione di grandi opere”.

IL RUOLO DEL CNR

Ma che può fare realmente il Cnr per cercare di contrapporre alle tesi politiche ambientaliste anche quelle, forse, più consapevoli tecniche scientifiche? “Se non veniamo coinvolti formalmente per un’indagine, uno studio, una ricerca, di fatto non possiamo fare nulla”.


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