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Ecco chi alza i muri a Bruxelles contro i profughi

Orban

La cosiddetta emergenza migranti, sempre più politica e meno economica, sembra aver paralizzato Bruxelles, in preda a una sorta di schizofrenia. La solidarietà a corrente alternata della Germania, i rigurgiti nazionalisti (e violenti) dell’Ungheria e l’ostilità di ultimi arrivati come Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Romania (alcuni a guida socialista) sono tutte tessere di un puzzle che fatica a mostrare un’immagine coerente con i valori e la storia che la contraddistinguono.

IL PROBLEMA UNGHERESE

Uno dei casi più emblematici, benché non il solo, è l’atteggiamento dell’Ungheria, che provoca sempre più sdegno Oltreoceano. Con un durissimo editoriale, il Washington Post ha spronato una manciata di giorni fa l’Europa a reagire alla politica del suo primo ministro Viktor Orban, che starebbe “agendo con un’ideologia di odio più in sintonia con l’Europa del 1930 che con quella del XXI secolo”, condizionando l’intero continente. Budapest ha cominciato a costruire una barriera anti-immigrati verrà eretta in una zona critica del confine con la Croazia (che nella notte ha chiuso a sua volta tutti i valichi di frontiera con la Serbia) per una lunghezza di 41 km ed è accusata di aver reagito con la forza ai disperati che hanno tentato di attraversare il confine per giungere in altri Paesi.

I SOCIALISTI DELL’EST

Ma come scritto da Formiche.net, ad erigere “muri”, sebbene se non fisici, per fermare i migranti sono – a sorpresa – anche alcuni leader socialisti europei, come il rumeno Victor Ponta, lo slovacco Robert Fico e il ceco Bohuslav Sobotka, dichiaratisi contrari ad accogliere quote di immigrati e apparentemente non sembrano disposti a cambiare la loro posizione, nonostante il pressing di Berlino (che attraverso alcuni funzionari ha proposto di dare l’esempio all’Ungheria sospendendole i generosi sussidi Ue oppure togliendole temporaneamente il diritto di voto in sede comunitaria). Ad ogni modo l’opposizione pubblica degli “ingrati dell’Est”, che – si mormora a Bruxelles “hanno preso fin che c’era da prendere”, beneficiando della solidarietà dei Paesi fondatori e degli altri Paesi membri, ma hanno dimenticato in fretta la solidarietà che hanno “preteso” per diventare a loro volta membri dell’Ue -, ha di fatto impedito finora qualsiasi progresso per risolvere in modo strutturale l’emergenza.

LA RICOSTRUZIONE DEL SOLE

Ma come si è arrivati a questa “decisione di non decidere”? Una delle letture più intriganti è il retroscena che Giuseppe Chiellino ha proposto sul Sole 24 Ore in cui sono state ricostruite le ultime ore dell’impasse europea. “Lunedì scorso il Consiglio Affari interni avrebbe potuto agevolmente adottare le proposte della Commissione sulle quote per ridistribuire i profughi negli Stati membri presentate da Jean-Claude Juncker pochi giorni prima in Parlamento. I cinque Paesi contrari (Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania) non disponevano dei voti sufficienti per fare “minoranza di blocco”. In base alle regole di voto del Consiglio, dunque, la decisione sarebbe passata con la maggioranza qualificata richiesta. È successo però che il Consiglio, anziché adottare la decisione, ha approvato “conclusioni” della presidenza che, in base ai trattati, non hanno alcun valore legale e dunque non obbligano nessuno. L’artefice principale di questa manovra è stato, dietro le quinte, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, ex premier della Polonia” con la “complicità” “del servizio giuridico del Consiglio, guidato dal direttore generale Hubert Legal, il quale, come spiegano fonti autorevoli, «ha inventato una regola inesistente: le “conclusioni” del Consiglio sono diverse dalle sue “decisioni” e dunque passano all’unanimità invece che a maggioranza qualificata». In realtà, il trattato Ue dice semplicemente che “il consiglio delibera a maggioranza qualificata, salvo i casi in cui è trattati dispongano diversamente”. E quella di Frans Timmermans, primo vicepresidente della Commissione che, anziché svolgere il ruolo di “guardiano dei trattati”, vigilando sulla loro applicazione, ha assistito passivamente a quanto stava accadendo nella riunione, senza chiedere il voto come avrebbe potuto fare”.

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