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Ban Ki-Moon alla Camera, cronaca surreale di un fatto reale

Eccovi il racconto di una quarantina di interminabili e imbarazzanti secondi di cui sono state capaci le istituzioni e la politica italiana nell’aula di Montecitorio. Ho avuto la fortuna o sfortuna, secondo i gusti di chi mi legge, di assistervi personalmente da una postazione del circuito interno televisivo della Camera, nel cosiddetto Transatlantico. Con il supporto poi di particolari chiesti e appresi dai parlamentari in uscita dall’aula.

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E’ mezzogiorno di giovedì 15 ottobre, naturalmente del 2015. Si celebrano solennemente i sessant’anni di partecipazione dell’Italia alle Nazioni Unite. Deputati e senatori affollano l’aula per una seduta congiunta ma informale, con i presidenti delle due assemblee seduti sui banchi più alti, il governo al suo posto, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella assiso al banco dell’emiciclo destinato di solito ai relatori delle leggi in discussione, e il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, che parla da una tribunetta accanto al palchetto della presidenza.

La massima autorità dell’Onu ricorda ad un certo punto “lo statista italiano” che si spese moltissimo per l’adesione del nostro Paese all’Onu non riuscendo però a vederne la realizzazione, nel 1955. Egli morì infatti l’anno prima. Ban Ki-Moon ne fa infine il nome: Alcide De Gasperi.

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Segue un attimo di glaciale, imbarazzante silenzio, interrotto per fortuna da cenni di applausi dei presidenti del Senato Pietro Grasso e della Camera Laura Boldrini. Solo applausi, rimanendo entrambi inspiegabilmente seduti ai loro posti.

Dai banchi parlamentari si unisce agli applausi, alzandosi però anche in piedi, il presidente della Commissione Esteri del Senato, il democristiano doc Pier Ferdinando Casini, Lo imitano lentamente, uno alla volta, i parlamentari a destra e a sinistra. Non tutti, ma molti. Non comunque i pochi grillini presenti, avendo i loro gruppi preferito snobbare la cerimonia, forse perché preferiscono alla sigla NU quella omonima della Nettezza Urbana, che tuttavia, specie di questi tempi, non ha nulla da celebrare, almeno a Roma.

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Ai banchi del governo qualche ministro accenna ad alzarsi pure lui, un po’ forse per onorare la memoria di De Gasperi e un po’ per ringraziare il segretario generale delle Nazioni Unite della sua onesta e al tempo stesso generosa citazione di un così illustre protagonista della storia d’Italia.

Ma il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che non ha voluto giustamente mancare alla cerimonia, fa cenno ai colleghi di governo di rimanere seduti. Non lo fa, però, per un gesto di scortesia alla memoria di De Gasperi, che sarebbe imperdonabilmente deplorevole, ma per un gesto di cortesia verso il capo dello Stato. Che, essendo seduto al suo posto, si troverebbe in imbarazzo in quella posizione, di fronte a un governo in piedi. Né sarebbe bello che si alzasse per ultimo, dopo o appresso ai ministri e al presidente del Consiglio.

Così rimangono incredibilmente seduti, tutti ai loro posti, il presidente della Repubblica, i presidenti delle Camere, il presidente del Consiglio e i ministri.

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Il segretario generale dell’Onu, avvolto nel suo abito scuro, osserva la scena con un sorriso più formale che convinto, forse sorpreso anche lui dai riflessi ritardati del Parlamento e delle massime autorità dello Stato. Ma egli trova ugualmente e meritoriamente la cortesia di chiudere il suo intervento dicendo “Viva l’Italia” nella nostra lingua, e senza alcuno sforzo, avendolo fatto evidentemente già in altre circostanze, o avendolo educatamente imparato a dovere per l’occasione.

Grazie, Ban Ki Moon. Meno grazie agli altri.


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