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Bergoglio, Kasper, Charamsa. Cosa succede in Vaticano sul Sinodo?

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’analisi di Gianfranco Morra apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Il Sinodo si è aperto col botto. Non è stato il gesto di una persona da poco, monsignor Krysztof Charamsa è un affermato teologo, insegnava alla università Gregoriana dei Gesuiti e alla Regina Apostolorum dei Legionari di Cristo. Era un ufficiale della Congregazione per la dottrina della Fede, un tempo Santo Uffizio. Con una lunga intervista ha rivelato di essere omosessuale e di convivere con un fratello: «Ecco l’uomo che amo», così ha sottoscritto un loro selfie pubblicato dai media. Egli sostiene i movimenti di liberazione di lesbiche, gay, bisessuali, trans: ma perché escluderli dalla Chiesa? Per questo sabato scorso ha partecipato, insieme col vescovo di Saltillo (Messico), Raúl Vera López, ad una conferenza internazionale dei Lgbt cattolici in preparazione del Sinodo.

La sua convinzione è che il cristianesimo è amore, in tutte le sue forme e posizioni, anche quello dei gay, che non chiama «omosessuale», ma «omogenitale» e familiare, lo considera del tutto lecito come quello eterosessuale. Non v’è dubbio che il monsignore polacco espelle dalla dogmatica cristiana sia il celibato che la castità sacerdotale. Per lui è la Chiesa in ritardo, si può essere gay e, insieme, cristiano, sacerdote, anche papa. E sta preparando un libro, nel quale mostrerà che l’omosessualità è assai diffusa tra il clero.

Di fatto è sempre accaduto: di gay, nella chiesa, non ce ne sono stati pochi, anche al culmine della gerarchia. Ma sempre nel rispetto della regola: «Si fa, ma non si dice», il silenzio era d’obbligo, in quanto la dottrina, ancora nel Catechismo del 1992, considera l’omosessualità un «atto intrinsecamente disordinato»; e nel 2005 papa Ratzinger ha escluso i gay dal sacerdozio.

Anche papa Francesco nulla ha detto contro questa tradizione. Quando si riferisce alla dottrina, riafferma il carattere eterosessuale del matrimonio. Ma nella prassi invita ad amare i gay: «Chi sono io per giudicarli?», ha detto fra le nuvole.

E proprio durante il recente viaggio in America ha mostrato che la benevolenza cristiana è per tutti: ha confortato una funzionaria del Kentucky, incarcerata perché aveva rifiutato di consentire le nozze tra due gay: «Ma nella sua decisione io non entro», ha aggiunto; ed ha abbracciato con viva cordialità un vecchio amico gay argentino e il suo convivente indonesiano. La Chiesa è cattolica, cioè universale: accoglie tutti, non condanna, ma ama.

Proprio mentre si apre il Sinodo sulla famiglia il monsignore polacco riteneva di fare un assist al pontefice, ma ha finito per provocare una autorete. Spinto da un amore così intenso per il giovane Eduard, si è comportato come un elefante in una cristalleria. Ha dimenticato che la Chiesa cambia, ma i suoi tempi sono lenti. E di certo l’autorità di papa Francesco non può accettare anticipazioni spropositate e inopportune rispetto ai suoi progetti. Egli non è intervenuto sull’outing di Krysztof, ma padre Federico Lombardi, capo l’ufficio stampa del Vaticano, ha fatto sapere che verrà allontanato dall’insegnamento: «È un comportamento molto grave e non responsabile». Perché mai? Lombardi non nomina l’omosessualità, la ragione che adduce è un’altra: «Poiché mira a sottoporre il Sinodo a una indebita pressione mediatica».

È noto che fra i temi trattati al Sinodo c’è anche quello del posto e del ruolo degli omosessuali all’interno della Chiesa. Ma il Sinodo è consultivo, non può decidere niente, forse è già deciso tutto. Solo il Vescovo di Roma può chiudere le dispute (Roma locuta est, causa finita). Nella Chiesa, istituzione divina, non può esserci democrazia. Ciò che più conta, per ora, nella strategia pastorale di Bergoglio, desiderosa di colmare il fossato tra laicità postcristiana e religione, è di rimuovere vecchi superati divieti e discutere il problema.

Quanto alle coppie divorziate ed ai gay, basterà attendere il momento opportuno. Intanto occorre preparare la mentalità giusta e stimolare un consenso. Il card. Kasper, il più autorevole dei «teologi in ginocchio», che si propongono «una rivoluzione della misericordia e della tenerezza», ha sintetizzato con lucidità le due proposte principali: 1. ammettere all’eucarestia i divorziati e le famiglie comunque ferite; 2. accogliere gli omosessuali nella Chiesa, perché, è la sua convinzione, «gay si nasce», non è dunque una colpa, ma uno status. Le ha ripetute in un opuscolo, da ieri nelle librerie, Il Vangelo delle famiglie (Queriniana, pag. 80, euro 9). Assai innovatore anche nel titolo, che non parla della «famiglia», ma pluralisticamente delle «famiglie». Non c’è solo il tipo tradizionale, ve ne sono tanti altri e la Chiesa deve abbracciarli tutti.


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