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Io, Craxi, Sigonella e Renzi. Parla Arnaldo Forlani

Di Paola Sacchi

All’inizio sembra una sfinge, che fissa in continuazione lo sguardo sul soffitto affrescato della sala Zuccari al Senato. Ma poi Arnaldo Forlani, alla soglia dei novant’anni, con un aspetto fisico non così tanto diverso da quello di vari anni fa, prende il microfono ed elogia Bettino Craxi, l’uomo che “all’apparire, alla teatralità nella quale è scivolata la politica, ha sempre preferito l’essere”. Il “coniglio mannaro”, come lo definì Gianfranco Piazzesi, erano quasi vent’anni che non proferiva più parola. Rompe il silenzio, accanto al suo “allievo” Pier Ferdinando Casini, per celebrare, a modo suo, il Craxi di Sigonella: quello del taglio alla scala mobile e quello della revisione del Concordato. Insomma l’intera cifra di quel governo, a guida socialista, a metà anni ’80, di cui Forlani era vicepremier.

E due. Dopo l’omaggio del Capo dello Stato con tanto di telegramma all’anteprima il 7 ottobre a Roma del Docufilm “ La notte di Sigonella”, in contemporanea con l’uscita dell’omonimo libro Mondadori (tutto a cura della Fondazione di Stefania Craxi), quella di oggi è la seconda celebrazione di “Bettino”. Il convegno su Sigonella trent’anni dopo lo ha voluto L’Associazione Socialismo di Gennaro Acquaviva, il principale consigliere politico di Craxi a Palazzo Chigi, e la rivista “Mondoperaio” di Luigi Covatta.

Acquaviva quell’elogio di “Bettino” seppur in “forlanese” non se lo aspettava così chiaro e così lungo. Forlani è stato colpito solo una settimana fa da un grave lutto dovuto alla scomparsa della moglie e fino all’ultimo era incerto che venisse. “Ma secondo me è venuto poi qui per parlar bene di Craxi perché in fondo il suo era proprio un elogio”, commenta Acquaviva.

L’apprezzamento è al tempo stesso anche una critica non tenera da parte di Forlani: “Quando era convinto di una cosa Craxi decideva, punto e basta senza il bisogno di confrontarsi con nessuno… questo consapevole delle critiche e dei rischi ai quali sarebbe andato incontro, ma lui era così. Era un uomo che preferiva l’essere all’apparire…”.  E la notte di Sigonella “Bettino” consultò il suo vicepremier, Forlani? Lui, sorridendo, risponde a Formiche.net: “Evidentemente no, mi sembrava di esser stato chiaro in quello che ho detto…”.

Ma senza quel decisionismo, secondo Forlani, Craxi non avrebbe “fatto la revisione della scala mobile dando nuovo sviluppo economico al Paese; non avrebbe fatto dopo anni e anni di  discussioni il nuovo Concordato (in cui Acquaviva ebbe un ruolo centrale, ndr)”.

E dire che “il coniglio mannaro” con la ribellione di Craxi agli Usa su Sigonella non era d’accordo. Giulio Andreotti, invece, lo era “ma rimase zitto”, ricorda Acquaviva. E zitto restò anche “Arnaldo”. Craxi dovette vedersela da solo con la furia di Ciriaco De Mita che voleva la fine del suo governo. Ma dopo averla spuntata con gli americani, “Bettino” la spuntò anche con la “Balena bianca”. E ottenne di andare in Parlamento, con il discorso che lo salvò. E dire che De Mita aveva minacciato persino l’Aventino.

Trent’anni dopo Forlani gli dà ragione. Non certo nel merito di Sigonella. Basti dire che appena conclusa la crisi sentì il bisogno anche personale (e non solo perché glielo chiese Craxi) di andare in Israele a cercare di sedare le proteste dell’opinione pubblica, colpita dall’uccisione da parte dei terroristi palestinesi dell’ebreo americano Leon Klinghoffer, nei confronti del governo di cui era vicepremier. Ma dà atto a “Bettino” del coraggio. Un coraggio però “saggio”, sottolinea Acquaviva, perché “Bettino” continuò la sua collaborazione con la Dc e quella con gli Usa.

L’Italia guidata da Craxi, in fondo, come spiega lo storico Antonio Varsori, era un po’ considerata dall’America di Reagan un modello in Europa, “con la sua moda, le sue tecnologie, la modernizzazione, il Pil che cresceva… l’ingresso nel G7”. Non solo: era l’Italia “con un ruolo chiave nella politica internazionale, un Paese che svolse un ruolo decisivo nel Mediterraneo, facendo da mediatore tra Usa, Olp e Arafat”, sottolinea Casini.  Il presidente della commissione Esteri del Senato va poi al sodo: “Craxi con la sua politica fece da barriera al terrorismo nel Mediterraneo”. Ricorda l’ambasciatore Antonio Badini: “Se non ci fosse stato Craxi, Arafat sarebbe crollato e avrebbe preso piede la prima jiad islamica”.

Chissà se quella che Luigi Covatta chiama “la damnatio memoriae” terminerà prima o poi su Craxi. Quando la cronista chiede a Forlani: “Che differenza vede tra Craxi e Renzi?”, lui, il gran superstite della Dc, assume ancora di più l’atteggiamento della sfinge. Dopo qualche secondo di silenzio, se ne esce  on un “be’ non è ora il momento di fare queste valutazioni…”. Ma anche se sfinge, trapela l’aria di uno che vorrebbe dire: ma che paragoni mi venite a fare…

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