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Le mie idee per la Lega 2.0 di Salvini. Parla Valditara

Non voglio intervenire in dibattiti più squisitamente politici. Mi occupo di idee e di proposte, poi la politica la lascio fare a chi ne ha il ruolo”. Risponde così Giuseppe Valditara alla domanda se il futuro del centrodestra passi attraverso il ticket Salvini-Meloni. Professore di Diritto Privato Romano all’università di Torino, senatore dal 2001 al 2013 nei gruppi di An, Pdl e Fli, Valditara è oggi uno dei principali consiglieri di Matteo Salvini. Il suo compito è dare una solida base giuridica, scientifica e culturale agli obiettivi politici del segretario della Lega.   

E’ giusto dire che lei oggi rappresenta uno degli intellettuali di riferimento di Matteo Salvini?

Il concetto di intellettuale è troppo di sinistra. Io sono solo un professore universitario che guarda con grande interesse un certo percorso politico. Con tanti altri amici ci siamo messi a disposizione per fornire idee e suggerire qualche proposta.

E tra l’altro avete fondato la rivista di cultura politica Logos. Cos’è una sorta di pensatoio da cui Salvini attinge idee e proposte?

Se attinge effettivamente, questo non lo so. Certamente si tratta di un pensatoio di area della nuova Lega 2.0.

Dalla sua esperienza politica del passato com’è arrivato a sostenere questa nuova Lega 2.0?

Si tratta assolutamente di esperienze coerenti e in linea tra loro. Io in Alleanza Nazionale rappresentavo la componente federalista. L’idea di un partito nazionale, che però sia molto sensibile alle diversità e al pluralismo, che valorizzi le differenze e che sostenga la necessità di un’Italia non centralizzata, è la mia idea.

A proposito di autonomia e federalismo, come andrà a finire in Catalogna dopo il voto di domenica. Sarà secessione?

La secessione è sempre un percorso lungo e difficile. Comunque penso che la volontà dei popoli debba essere sempre rispettata. E’ questo il punto di partenza. La democrazia presuppone che innanzitutto ci sia la volontà popolare. Se un popolo vuole staccarsi da un altro, bene, lo si deve consentire. Con intelligenza ed equilibrio certo ma non si può impedire. La secessione sta alla democrazia fin dalle origini della storia occidentale.

Ma questo discorso secondo lei vale anche per l’Italia?

Per l’Italia vedo percorsi diversi. Per il nostro Paese è del tutto irrealistico pensare a ipotesi secessionistiche. Innanzitutto perché da noi non ci sono realtà che hanno un sentimento nazionale forte come quello della Catalogna. Quello che invece in Italia è auspicabile, è che le regioni più efficienti abbiano un grado di autonomia molto forte. Penso a regioni come la Lombardia, come il Veneto ma non solo. Applicando una specifica norma della Costituzione, gli dovrebbero essere attribuite prerogative e funzioni molto più rilevanti rispetto a quelle di oggi.

L’autonomia speciale però ha portato anche a sprechi e inefficienze gravi.

L’autonomia speciale ha portato agli sprechi, dove non esiste una cultura di Governo. Ci sono sprechi rilevanti in regioni a statuto speciale come la Sicilia ma anche in regioni ad autonomia ordinaria come la Calabria o la Campania.

Salvini ha esultato per il voto in Catalogna pur avendo da tempo promosso l’idea di una Lega Nazionale. L’indipendenza della Padania è ancora un tema all’ordine del giorno oppure no?

Non credo proprio che sia all’ordine del giorno. Il discorso è un altro: ripensare le ragioni stesse dell’unità nazionale e passare effettivamente da un modello centralistico ad uno che riconosca il ruolo e le funzioni delle regioni. Riassumendo, potremmo dire unità d’Italia nell’autonomia e nella diversità. Siamo un grande Paese plurale che ha una storia lunga e composita, fatta da tanti popoli e tante culture. Mica come Danimarca o Irlanda…

Ma questa svolta “nazionale” della Lega è stata capita fino in fondo dagli elettori duri e puri del Carroccio, quelli di Pontida e della secessione?

Dico semplicemente che il secessionismo in Italia non è realistico. E, quindi, bisogna costruire percorsi diversi, che siano più produttivi e utili per tutti, dalla Sicilia al Trentino Alto Adige.

La riforma costituzionale voluta da Matteo Renzi riduce i poteri delle Regioni. E’ il ritorno dello Stato accentratore o, a suo modo di vedere, queste modifiche costituzionali sono in un certo senso giustificate?

E’ il centralismo che sta risorgendo. Questa riforma costituzionale riaccentra tutta una serie di funzioni nelle mani dello Stato. La soluzione corretta doveva essere l’eliminazione delle materie concorrenti ma senza mortificare le regioni com’è stato fatto. Se tutto dovesse di nuovo tornare a passare necessariamente da Roma, l’Italia farebbe un passo indietro di cento anni.

Il rapporto tra Salvini e l’Europa: vuole tout court la fine di questa Unione Europea o la sua è una battaglia per riformarne gli attuali assetti?

La fine dell’Europa non è auspicabile da nessuna persona di buonsenso. Bisogna invece fare una battaglia forte – come sta facendo Matteo Salvini – per cambiare questo modello di Europa che sta uccidendo la sovranità popolare e la democrazia. C’è un’oligarchia burocratico – giudiziaria che decide – entrando pesantemente nella vita dei cittadini – senza avere alcuna legittimazione.

Si parla di Salvini per molte ragioni ma non per le sue posizioni sui temi economici. Ecco, come la pensa? In passato disse di voler completare la rivoluzione liberale di Silvio Berlusconi.

La proposta di un abbattimento del carico fiscale – con l’introduzione della flat tax – è certamente un’idea liberale. E lo stesso vale, ad esempio, anche per la lotta contro l’oppressione burocratica.  Sono idee, invece, molto poco liberali quelle di chi vuole centralizzare tutto, alzare le tasse e bastonare i proprietari di casa...

Ma Renzi ha detto che le tasse sulla casa le vuole eliminare.

Renzi sta copiando quello che aveva già fatto il centrodestra. E’ una nostra battaglia storica. Se ora ha riconosciuto che le scelte del centrodestra erano giuste, ne prendiamo atto.  


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