La data sul calendario degli investitori è quella del 21 ottobre. Ed è segnata in rosso, così come è rossa lei, la Ferrari, che sta scaldando i motori per sbarcare in Borsa a Wall Street. In realtà, una data fissa per il debutto ancora non è stata fissata, ma il 21 ottobre è quella al momento considerata più probabile.
I NUMERI DELLA QUOTAZIONE
Passando ai numeri della quotazione (Ipo) della “rossa” di Maranello, in un comunicato stampa del 12 ottobre Fiat Chrysler Automobiles (Fca), ora al 90% del capitale della Ferrari, ha spiegato che intende collocare 17.175.000 azioni ordinarie. Si tratta di una quota pari a circa il 9% post Ipo della società del “cavallino rampante”, mentre un 1% sarà riservato come opzione alle banche collocatrici. In questo modo, dopo lo sbarco in Borsa, Fca manterrà il controllo dell’80% di Ferrari, mentre un 9% sarà in mano al mercato e un 1% alle banche. Pietro Ferrari, figlio di Enzo, storico fondatore del gruppo di Maranello, manterrà invece il suo 10% prima e dopo la quotazione.
Il prezzo dell’offerta pubblica iniziale è attualmente previsto tra i 48 e i 52 dollari per ogni titolo Ferrari, intervallo che corrisponde a una valorizzazione della società complessiva compresa tra poco più di 9 e 9,8 miliardi di dollari.
QUANTO ENTRA NELLE CASSA DI “MAMMA” FIAT CHRYSLER
Dalla scorsa estate a oggi, Fca ha depositato presso la Sec (l’omologo statunitense della Consob) diversi “registration statement”, vale a dire prospetti provvisori sulla quotazione della Ferrari. O meglio, sulla quotazione della New Business Netherlands nv, la società dei Paesi Bassi destinata a prendere il nome di Ferrari Nv e a essere quindi quotata a Wall Street. Tra le righe dell’ultimo di questi prospetti provvisori, che porta la data del 9 ottobre, si trovano numerose informazioni inedite. Innanzi tutto, il documento mette nero su bianco che, trattandosi di un’Ipo completamente in vendita e senza aumenti di capitale, tutti i proventi dell’operazione, vale a dire circa 1 miliardo di dollari, finiranno nelle casse di Fca. In altri termini, dalla quotazione in Borsa non arriveranno risorse in più da investire in Ferrari.
Non solo. In aggiunta al miliardo, la società dell’auto guidata da Sergio Marchionne incasserà anche 2,8 miliardi di euro dalla quotazione della società controllata. Una somma legata, tra le altre cose, alla ristrutturazione del gruppo e che Ferrari dovrà pagare in forma di “Fca Note”. Mf, nei giorni scorsi, ha evidenziato come l’ammontare di questa somma, che andrà anche ad abbattere il debito di Fiat Chrysler, nel giro di nemmeno un mese, sia cresciuto da 2,5 a 2,8 miliardi di euro.
I RISCHI LEGATI ALLA QUOTAZIONE
Nel prospetto provvisorio depositato alla Sec americana, c’è poi l’elenco di tutta una serie di rischi che si può correre se si diventa azionisti della Ferrari. Tra questi, quello più ovvio: che non si riesca a preservare ed, eventualmente, incrementare il valore del marchio Ferrari, oggi tra i più potenti e conosciuti del mondo. In quel caso, i numeri di bilancio ne risentirebbero inevitabilmente. Poi c’è l’incognita dell’andamento del settore del lusso, che negli ultimi tempi tra l’altro sta facendo registrare alti e bassi soprattutto in scia al rallentamento dell’economia cinese. E, ancora, tornando ai numeri di bilancio, il prospetto provvisorio della Ferrari indica che i ricavi legati alla produzione di motori sono connessi a doppio filo con la capacità della Maserati di vendere le proprie auto. Se da questo punto di vista ci saranno segnali di cedimento, anche Ferrari ne pagherà le conseguenze.
IL POSSIBILE IMPATTO DELLO SCANDALO VOLKSWAGEN
E poi viene segnalato un rischio più attuale che mai: quello sulla possibile nuova regolamentazione del settore in termini di emissioni, di economia ambientale in generale e di salvezza per i veicoli. “Siamo soggetti in tutto il mondo – si legge nel prospetto – all’evoluzione della legge e delle politiche. Ci aspettiamo che l’impatto sul nostro business dell’aspetto regolatorio continui a crescere in maniera significativa nel futuro”. Di certo in quest’accelerazione il recente caso Volkswagen, con lo scandalo dei test antismog truccati, deve avere giocato un ruolo di primo piano.