Le dimissioni di Ignazio Marino sono solo un episodio della vicenda politica del PD, del suo modo d’essere, d’operare, di scegliere gli amministratori locali e regionali, non solo a Roma ma in Sicilia, in Puglia, in Campania, e in diversi altri luoghi del Paese.
Marino aveva vinto le famose primarie e successivamente sconfitto Gianni Alemanno che sgovernava una Capitale sempre più inquinata. Marino era un parlamentare, non sapeva nulla di Roma e di che cosa è l’amministrazione comunale, ma fu candidato come immagine della società civile anche se proposto da noti pezzi del partito. Le sue disavventure amministrative, anche con il caotico ricambio di assessori, lo confermano.
Tuttavia, c’è da dire che ha contribuito a colpire interessi malavitosi, arricchimenti, malversazioni e parentopoli, insediatisi al Comune soprattutto, ma non solo, con l’amministrazione Alemanno.
È chiaro che lì si è aperta una lotta politica, con tutti i mezzi, e qui emerge quella che è stata definita “l’ingenuità politica”, ma io dico la stupidità e superficialità politica di Marino, colpevole di non avere capito che con il Papa e il Vaticano non si fanno piccole furberie per apparire. E solo la stupidità politica non fa capire che chi si espone come lui si è esposto non può usare la carta di credito comunale in quel modo, perché questo inevitabilmente sarebbe stato controllato dai titolari di interessi colpiti oltre che dai gruppi politici di opposizione.
L’aggravante, poi, è che una persona con quel ruolo non può dire piccole bugie che inevitabilmente diventano grandi. Nessuno si sarà mai occupato della carta di credito di Alemanno, che forse, dati gli altri interessi trattati, era in regola.
Marino, in definitiva, ha mostrato di essere inadeguato al compito, ma qui viene chiamato in causa il PD. In questi giorni è stato evocato un grande sindaco come Petroselli, il quale, occorre ricordarlo, era un giovane funzionario di partito, e non fu scelto con le primarie, ma attraverso una selezione rigorosa e popolare che avveniva nel cimento politico aperto e nel confronto sulle azioni compiute.
Insomma, il problema ancora una volta per me è chiaro: non si può sostituire la politica e la formazione dei dirigenti politici con il personalismo e le primarie.
(post pubblicato sul profilo Facebook di Emanuele Macaluso)